QUANTO CONTA IL PATRIMONIO CULTURALE PER L'EUROPA?
A metà novembre, in occasione della cerimonia di conferimento dei Premi per il Patrimonio Culturale dell'Unione Europea/Europa Nostra Awards 2016, è stata presentata la traduzione italiana della sintesi del Report «Cultural Heritage Counts for Europe». Lo studio rappresenta il principale risultato dell'omonimo progetto europeo realizzato da Europa Nostra, in collaborazione con cinque partner internazionali, al fine di fornire prove convincenti del valore del patrimonio culturale e del suo impatto positivo su economia, cultura, società e ambiente in Europa. Riconosciuto nel 2014 dal Consiglio dei Ministri dell'UE «come risorsa strategica per un'Europa sostenibile», il patrimonio culturale necessita sia di un approccio olistico alla valutazione di impatto che di una programmazione politica integrata
«Cultural Heritage Counts for Europe»[1] è il nome di un progetto europeo che nell'arco di due anni – dal 2013 al 2015 – si è posto l'obiettivo di dimostrare i molteplici benefici che un approccio politico integrato al patrimonio culturale è in grado di generare per il consolidamento di un'Europa fondata sulla pace e la sostenibilità. Co-finanziato attraverso i fondi europei del Programma Cultura (2007-2013), il progetto è il frutto della collaborazione di sei partner internazionali - Europa Nostra (Belgio), ENCATC (European Network of Cultural Management and Cultural Policy Education, Belgio), Heritage Europe (The European Association of Historic Towns and Regions, Regno Unito), International Cultural Centre (Polonia), Raymond Lemaire International Centre for Conservation dell’Università di Lovanio (Belgio) e The Heritage Alliance (Regno Unito) – che hanno messo a sistema le proprie competenze al fine di raccogliere e analizzare un ampio spettro di prove del valore e della rilevanza che il patrimonio culturale riveste nella società contemporanea.
Gli sviluppi politici e concettuali della nozione di patrimonio culturale
In parte simile al concetto di cultura, il patrimonio culturale condivide con quest'ultima un lungo percorso di accreditamento che, lungi dall'essersi concluso, continua ancora oggi a rappresentare uno dei principali argomenti di discussione in materia di politiche culturali e di studi sulla valutazione dell'impatto dei beni e delle attività culturali. Definito dal Consiglio d'Europa come «l'insieme di risorse ereditate dal passato che la gente identifica, indipendentemente dalla loro proprietà, come un riflesso e un'espressione dei loro valori in continua evoluzione, delle loro credenze, conoscenze e tradizioni», il patrimonio culturale presenta una base di ricerca incompleta che non riesce a garantire un efficace processo decisionale e uno sviluppo delle politiche.
Si inserisce in questo contesto il progetto «Cultural Heritage Counts for Europe», che facendo propri i principi della Convenzione Quadro sul valore dell’eredità culturale per la società (detta anche Convenzione di Faro)[2] e dalla Dichiarazione di Hangzhou sulla cultura quale fattore chiave per lo sviluppo sostenibile[3], segna un ulteriore passo in avanti nell'affermazione di un atteggiamento concettuale non più fondato sulla conservazione ma sul riconoscimento del valore del patrimonio culturale per l'economia, la società, la cultura e l'ambiente.
Il Report finale[4] che racchiude e presenta i risultati conseguiti dall'iniziativa «Cultural Heritage Counts for Europe», precisa che «il cambiamento di politica che ha portato al progetto è rinforzato oggi da un maggiore riconoscimento da parte dell'Unione Europea dell’importanza del patrimonio culturale. Ciò è diventato particolarmente evidente in occasione della Conferenza di Bruges, organizzata nel dicembre 2010 dalla Presidenza Belga del Consiglio dell’Unione Europea, e della Conferenza di Vilnius, organizzata nel novembre 2013 dalla Presidenza Lituana del Consiglio dell’Unione Europea», durante le quali i rappresentanti delle istituzioni e della società civile sono stati invitati a svolgere un ruolo pro-attivo, impegnandosi a sviluppare una programmazione di lungo periodo capace di garantire l'inclusione del patrimonio culturale nel quadro più ampio della strategia politica dell'Unione Europea.
Il progetto evidenzia come, proseguendo su questa strada, nel 2014 il Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea ha adottato una serie di documenti che comprendono le «Conclusioni sul patrimonio culturale come risorsa strategica per un'Europa sostenibile», le «Conclusioni sulla governance partecipativa del patrimonio culturale», e la Comunicazione «Verso un approccio integrato per il patrimonio culturale in Europa», a cui è possibile aggiungere la recente pubblicazione redatta dal Gruppo di Esperti sui Beni Culturali del programma Horizon 2020 e intitolata «Getting Cultural Heritage to Work for Europe», che fornisce indirizzi e raccomandazioni strategiche per una nuova agenda per la ricerca e l’innovazione relative al patrimonio culturale.
Nel suo excursus sui cambiamenti politici e concettuali che hanno riguardato la nozione di patrimonio culturale nel corso del tempo, il progetto «Cultural Heritage Counts for Europe» non manca di citare la 6a Conferenza dei Ministri responsabili per i Beni Culturali, che si è tenuta il 22–24 aprile 2015 a Namur sotto la Presidenza Belga del Consiglio d’Europa, e che ha avuto il merito di chiedere la redazione di una «strategia comune europea per il patrimonio culturale». Il progetto riporta, infine, anche la proposta del Consiglio dell’Unione Europea, sostenuta dalla Commissione e dal Parlamento Europeo, di istituire nel 2018 l’Anno Europeo del Patrimonio Culturale che, come ha scritto Erminia Sciacchitano su questo giornale, dovrà essere l'occasione per ribadire l'importanza di un approccio «trasversale» e «trans-settoriale» alle politiche per il patrimonio culturale attraverso la promozione di innovativi modelli di governance multilivello e partecipativi[5].
Verso un approccio olistico al patrimonio culturale
Fulcro del progetto «Cultural Heritage Counts for Europe» è stato un intenso lavoro di ricerca che ha avuto lo scopo di mappare e analizzare una vasta gamma di studi, realizzati in Europa e nel resto del mondo, che presentassero evidenze concrete, documentate e accessibili degli impatti positivi del patrimonio culturale su economia, società, ambiente e cultura. Gli approfondimenti condotti dagli esperti che hanno preso parte al progetto hanno riguardato tre distinti livelli di analisi, al fine di offrire una interpretazione del fenomeno sufficientemente rappresentativa: partendo da un quadro teorico globale (livello macro), gli autori si sono soffermati sullo scenario europeo (livello meso), per giungere alla selezione di casi concreti e di iniziative particolarmente meritevoli a cui è stato conferito il Premio per il Patrimonio Culturale dell'Unione Europea/Europa Nostra Awards, che rappresenta il massimo riconoscimento europeo nel campo del patrimonio (livello micro).
Le ricerche effettuate nell'ambito del livello macro hanno esaminato circa 140 studi con l'intento di fornire una panoramica della letteratura internazionale, già esistente in materia di impatto del patrimonio e di indicatori utilizzati per misurare tale impatto. Un'attenta analisi delle diverse tipologie d'impatto attualmente in uso in Europa e nel resto del mondo, insieme all'evoluzione del discorso politico sul concetto di patrimonio culturale, hanno portato gli autori della ricerca a ritenere che i quattro pilastri dello sviluppo sostenibile – economia, società, ambiente e cultura - potessero rappresentare una buona base di partenza per lo sviluppo di un approccio olistico alla valutazione dell'impatto del patrimonio culturale. Per ciascuno dei quattro pilastri, è stata poi identificata una lista di sotto-categorie d'impatto e di valori associati con, e derivanti dal patrimonio culturale[6]. Sulla base di tale impostazione metodologica, gli autori della ricerca hanno provato a confrontare, aggregare, organizzare e dividere le sotto-categorie d'impatto e i valori da loro identificati nei quattro domini principali dello sviluppo sostenibile, giungendo alla formulazione di un approccio multidimensionale, denominato «holistic four domain approach» (approccio olistico dei quattro domini). A valle delle loro analisi, gli autori dello studio sono giunti alla conclusione che solo quando tutti e quattro i domini sono presi in considerazione, il patrimonio culturale – se gestito in maniera appropriata – può contribuire allo sviluppo sostenibile.
In realtà le analisi effettuate nel livello meso della ricerca - che ha selezionato 221 studi effettuati in tutta l'Unione Europea - hanno indicato chiaramente che solo il 6% degli studi sono stati concepiti come studi «olistici», prendendo in considerazione i quattro ambiti prima citati. I dati indicano che al momento attuale, i tre principali attori di riferimento – ossia le pubbliche amministrazioni/agenzie governative, le organizzazioni culturali e gli istituti di ricerca – continuano a non utilizzare un approccio integrato al patrimonio culturale. In particolare, l'impatto del patrimonio culturale sull'ambiente risulta essere molto spesso assente negli studi esaminati dal progetto.
In riferimento a ciò, un articolo pubblicato in questi giorni da IETM - uno dei principali network culturali internazionali – ha richiamato l'attenzione sul ruolo che la cultura gioca in Europa nell'ambito dell'Agenda 2030, che rappresenta il nuovo quadro strategico per garantire uno sviluppo sostenibile e porre fine alla povertà a livello globale[7]. Il 22 novembre la Commissione Europea ha presentato tre documenti in cui esplicita il proprio approccio strategico per il conseguimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile previsti dall'Agenda 2030. Soffermandosi sul loro contenuto, IETM fa notare come l'aspetto culturale occupi una posizione ancora marginale nelle questioni connesse allo sviluppo sostenibile. In particolare, nel documento denominato «Communication on the Next steps for a sustainable European future» la parola cultura non è mai citata; mentre negli altri due documenti - «Proposal for a new European Consensus on Development» e «Staff Working Document Key European action supporting the 2030 Agenda and the SDG» - si fa riferimento al fattore culturale in maniera parziale, non considerando l'intera gamma di valori con cui la cultura contribuisce allo sviluppo sostenibile. Un esempio che, seppur circoscritto a un caso specifico, offre un'ulteriore prova del fatto che se è vero che il patrimonio culturale conta per l'Europa, è altrettanto vero che non tutti ne sono consapevoli e che la cura, la tutela e la corretta fruizione del patrimonio faticano ad essere integrate in tutte le politiche, i programmi e le azione a esso correlati.
Anche se la mappatura degli studi non è né completa né rappresentativa di tutti gli Stati Membri dell'UE, il merito del progetto «Cultural Heritage Counts for Europe» è stato quello di mettere in luce il fatto che le analisi dei diversi studi e documenti dimostrano senza alcun dubbio che il patrimonio culturale ha un impatto positivo su economia, società, cultura e ambiente. Questo impatto è visibile a prescindere dal tipo di patrimonio preso in considerazione e dalla sua collocazione geografica. Al contempo però il progetto rileva che vi sono ancora numerose mancanze da colmare nel campo della ricerca. Per questo le cinque raccomandazioni strategiche individuate dai partner del progetto «Cultural Heritage Counts for Europe» - sostenere l’azione politica su basi empiriche; misurare gli impatti; monitorare le tendenze; condividere e diffondere i dati; massimizzare l’impatto - forniscono «uno stimolo fondamentale a incoraggiare e garantire che la ricerca relativa al patrimonio culturale allarghi i suoi orizzonti e abbracci un approccio più olistico nei confronti dell’impatto del patrimonio culturale. Tale approccio olistico alla valutazione dell’impatto sarà essenziale per sostenere la realizzazione di un “approccio politico integrato per il patrimonio” nell’Unione Europea e per garantire che i molteplici benefici del patrimonio culturale siano concretamente realizzati».
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