W.Women In Italian Design: la creatività magmatica ed elegante del design femminile
La nona edizione del Triennale Design Museum racconta il design italiano dal punto di vista femminile per far emergere figure per lo più sconosciute e nuove attitudini progettuali
Milano. Dopo 20 anni ritorna la XXI Esposizione Internazionale della Triennale con un titolo ambizioso (Design after Design), un ricco calendario di mostre ed eventi diffusi nella città metropolitana e un indotto atteso di 140 milioni di euro.
Fa parte delle 12 mostre con sede nel Palazzo di via Alemagna anche la nona edizione del Triennale Design Museum, che ogni anno racconta il design italiano attraverso un sistema di rappresentazioni che cambiano tematiche, ordinamenti scientifici e allestimenti.
L’edizione 2016, W. Women in Italian Design, a cura di Silvana Annichiarico e con l’allestimento di Margherita Palli, affronta il tema del progetto alla luce di uno dei nodi più delicati e problematici: la questione del genere legata al design.
L’idea che il genere non sia più solo un dato biologico e naturale ma una questione culturale apre interessanti prospettive.
«Siamo in una fase fluida di grande mutazione – racconta Silvana Annichiarico – in cui la proliferazione d’identità multiple e differenziate va probabilmente nella direzione di un superamento delle differenze di genere così come le abbiamo conosciute e praticate negli ultimi secoli. Questa mutazione coinvolge e riguarda anche l’ambito del progetto e del design? La storia del design è stata segnata anche dal tema delle identità di genere? Il futuro del design va verso il superamento di queste differenze? Ma come percepiscono e vedono le cose gli uomini e le donne?».
E’ noto che il design del Novecento abbia avuto un’impronta molto patriarcale che ha relegato ai margini la progettualità femminile, pressoché ignorata da storici e teorici del design. La mostra si propone di tracciare una nuova storia del design italiano al femminile, ricostruendo figure, teorie, attitudini progettuali seminate allora ed evolute nel XXI secolo.
«Ho cercato di rendere visibili e di riportare alla luce quelle centinaia e centinaia di donne che nel corso del secolo scorso hanno progettato, creato, sperimentato senza che questo lavoro fosse riconosciuto – afferma la curatrice. - Le storie del design attestano una decina di donne designer, nel Museo ne presento circa 400 con oltre 650 oggetti che delineano un approccio alla creatività molto diverso da quello tradizionale maschile e patriarcale. Quello era un design tutto volto al problem solving, questo è un design invece tutto volto all’emozione e alla relazione».
Il Novecento, che segna la fine del modello gerarchico di organizzazione del lavoro e propone un nuovo modello di famiglia, sancisce anche il venir meno del dogma dell’autorialità. Per questo i protagonisti della mostra sono donne e coppie, non più solo creatori-demiurghi.
«Ray e Charles Eames. Afra e Tobia Scarpa, Lella e Massimo Vignelli, Doriana e Massimiliano Fuksas: in nessun’altra disciplina creativa ci sono “coppie” più numerose che nel design – ricorda Annicchiarico. - I casi di compagni che lavorano fianco a fianco sono tanto più rilevanti se si pensa che per una lunga fase del Novecento le donne–architetto o le donne-designer spesso hanno lavorato nello studio del marito o del compagno senza che il loro ruolo fosse pubblicamente riconosciuto. Donne muse, donne segretarie, donne tuttofare, donne comprimarie. Ci sono voluti 80 anni perché si riconoscesse che un lettino di Mies van der Rohe del 1930 era in realtà nato soprattutto dalla sua collaboratrice e compagna Lilly Reich. Perché una simile rimozione? Eppure, pensare oggi a un percorso creativo di coppia apre nuove e interessanti prospettive anche metodologiche: stare in coppia nel progetto e nel suo sviluppo significa essere sempre disposti a confrontarsi con l’altro, ad assumere il suo punto di vista, a mettere in discussione il proprio. Rispetto al solipsismo del creatore-demiurgo, la coppia riconosce implicitamente la fragilità e l’incompiutezza delle due parti che la compongono, e il bisogno di arrivare a una sintesi. A tutto vantaggio del progetto. E, forse, anche della coppia».
La scelta delle opere in mostra è all’insegna di una forte interdisciplinarità: dai merletti prodotti da Aemilia Ars ai primi del Novecento ai lavori contemporanei di Enrica Borghi e Paola Anziché, dai Baci Perugina di Luisa Spagnoli alle proposte di un’altra grande imprenditrice come Maddalena De Padova, dagli strumenti didattici di Maria Montessori al Topo Gigio di Maria Perego, dagli oggetti create da architette come Gae Aulenti e Cini Boeri alle creazioni più recenti di Patricia Urquiola, Paola Navone, Anna Gilli. Quello che emerge è un nuovo tipo di creatività, più attenta ai bisogni concreti che all’iperfunzionalità.
«Si tratta di una creatività imprevedibile – precisa la curatrice - basata sull’accoglienza, sul prendersi cura. Con una visione del progetto improvvisa, incontrollabile. Una creatività con un forte contenuto innovativo. Magmatica, caotica. Una progettualità senza testosterone. Nulla di monolitico. Nulla di definitivo. Molta ironia e leggerezza. Attitudini che riflettono la vera immagine del presente. Con una visione del mondo pacificato, positiva. Senza lamenti. Una creatività liberata. Elegante. Che esprime una fortissima vitalità».
La mostra suggerisce una nuova chiave di lettura del concetto di design, inteso non soltanto come progettazione di oggetti ma sempre più anche innesco di processi e relazioni.
«Ho scelto come simbolo e come ingresso a questa edizione del Museo – sottolinea la curatrice- il tema dell’intreccio, il tema del ricamo, il tema del merletto, attività dal forte impatto anche simbolico proprio per la capacità che l’intrecciare ha di andare al di là della semplice arte del telaio, per indicare un modo di essere nel mondo con gli altri».
W.Women In Italian Design, in quanto edizione del Triennale Design Museum, non si chiuderà a settembre con la XXI Triennale ma proseguirà fino a febbraio 2017.
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