Una giornata di lavori per il 25° compleanno della Fondazione Marino Golinelli
Bologna. Per i suoi venticinque anni di impegno la Fondazione Marino Golinelli, chiama a raccolta grandi enti filantropici del Paese, in collaborazione con Assifero -l’associazione che ne riunisce 100 - per valutare linee possibili di cooperazione e presentare alla Politica mozioni da inserire in agenda. Leggete gli interessanti contributi su diversi assi strutturali delle fondazioni. Per consentire alla filantropia di fare massa critica.
Patrizio Bianchi Assessore Scuola, lavoro Emilia Romagna
«Le fondazioni debbono fare l’ordito di una trama sociale che ha il rischio di lacerarsi. Una società che ha bisogno di trovare percorsi di unità. L’arte è un collante. Mai come oggi c’è necessità di fondazioni per mettere insieme i corpi sociali».
Marco Cammelli Presidente Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
«L’evoluzione del modello delle fondazioni negli ultimi venti anni. Il punto è trovare i fili che collegano i diversi enti. Il modo per farlo è partire dalla consapevolezza delle diversità che si sono create. La frammentazione e la diversità delle fondazioni non potrebbe essere maggiore. Lo European Foundation Center definisce le EFC, “le fondazioni di pubblica utilità sono basate su un patrimonio e su uno scopo. Godono di una fonte stabile e affidabile di reddito su archi temporali più lunghi….
Se prendiamo ognuno degli elementi costitutivi, vediamo che soffre di significative eccezioni.
Negli scopi. L’utilità sociale: oltre a queste finalità, ci sono privati, nel nostro come in altri Paesi, che cercano protezioni nella fondazione per gestire i propri patrimoni. Lo mostra con chiarezza GianPaolo Barbetta nel suo ultimo testo “Le fondazioni” edito da Il Mulino. In Danimarca ad esempio, il pacchetto della Heineken è in mano a Fondazioni. Anche in Italia, non conoscendo forme alternative, vengono utilizzate le fondazioni per proteggere i patrimonio. Il Patrimonio di dotazione, in linea generale, è modesto L’indipendenza certo, ma è minacciata se l’ente non ha stabili risorse. Senza fini di lucro: ma anche per le onlus sono ammissibili attività strumentali funzionali allo scopo principale. Alcune vivono cedendo servizi (affittando immobili ecc.) Quando una definizione non riesce a raccogliere e si trova sfrangiata significa che la realtà è più complessa delle nostre caratterizzazioni.
Ci sono le fondazioni che nascono dal pubblico (le ex IPAB, oltre un migliaio), più del 50% dei fondatori è costituito da persone fisiche, con una concentrazione è sul Nord.
Nelle larghe maglie del codice civile si sono infilati modelli diversi. Un’ esplosione di modelli e di regimi.
Molte hanno regimi speciali (dai lirici, al cinema, biennale….): una sottrazione al regime ordinario. Oltre un certo punto diventano ordinamenti di settore, principi per colmare le lacune normative. Si gioca sul piano tecnico un discorso politico e sociale. Tre sono tre profili trasversali:
Privati-privati, la cui stella polare è l’autonomia privata Quelle che sono la rappresentazione formale del pubblico (art 97 e annessi e connessi) e della Pubblica amministrazione ne hanno i regimi, dal personale ai controlli Comunitario, ma l’Europa è molto indietro nel pensare a una piattaforma comune».
Andrea Zanotti: Vice Presidente fondazione Marino Golinelli.
«I fili di ricucitura. le fondazioni sono un nerbo di forze crescenti e anticicliche. In partenza erano principalmente di erogazione, ma ognuna ha agito per sé.
In un panorama mutato cambiano le funzioni. La nostra oggi vara un trust che si chiama Eureka per sostenere acceleratore d’impresa, battere piste nuove.
Dobbiamo pensare a forme di collegamento. Il problema è istituzionale e tecnico giuridico, anche politico. Dobbiamo fare lobby, insieme, verso la compagine di governo per aprire l’agenda politica (il regime di Iva, delle donazioni, corsia preferenziale per aiutare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro).
Oggi presentiamo un documento redatto congiuntamente alle fondazioni presenti ai due sottosegretari presenti ai nostri festeggiamenti.
Nel panorama italiano l’asse portante ha poggiato sul versante pubblico, con un divario di tutta evidenza rispetto al mondo anglosassone dove l’esperienza e la disponibilità di imprenditori, cittadini e gruppi d’interesse hanno tracciato la via di futuro.
In Italia la figura della fondazione privata aveva fino a qualche anno fa un ruolo marginale. Il modello giuridico è esploso in figure inedite nel nostro ordinamento in relazione all’importanza dell’apporto privato. La maggiore sensibilità alla sussidiarietà ha accesso l’attenzione sulle potenzialità dei privati e sull’innovazione (concepire la ricerca applicata senza negare quella di base). La cultura gode di un’attenzione privilegiata nella strategia degli enti che hanno abbandonato i lidi del puro filantropismo. Una nuova centralità, nuove sfide.
Le fondazioni sono sempre più operative e meno assistenziali.
Ma c’è una duplice carenza: la scarsa consapevolezza delle forza che rappresentano, la scarsa attenzione delle istituzioni pubbliche.
Il futuro è già qui».
Marco Tamaro direttore Fondazione Benetton Studi e Ricerche (Topos legame tra cultura e ambiente)
«La frammentazione non giova ed è difficile trovare un denominatore comune e una forza critica per essere propulsivi verso le politiche.
Poche possono costituire un interlocutore istituzionale che garantisca continuità nel tempo.
Benetton nasce 25 anni fa: è centro studi sul paesaggio (in base alla convenzione europea del 2000, promossa anche dalla Fondazione Benetton)intesi come luoghi della vita delle persone, trasformazioni del territori.
Come interpretiamo la sussidiarietà? Partendo dal mondo della scuola, che risponde alle opportunità di sollecitazioni e non è trattata adeguatamente dal Pubblico. Uno dei capisaldi dell'intervento della Fondazione Benetton è l’art 9 della Costituzione, costruito tutto al futuro, una straordinaria sintesi di una logica visionaria. Grandi scenari, ma approssimativi nel disegnare le partiche. Sardegna docet.
Il nostro progetto: parte da un accordo MIUR per proporre i temi dell’articolo 9 nelle scuole italiane. 10mila i ragazzi coinvolti a livello nazionale (450 classi) perché abbiamo intercettato la sensibilità degli insegnanti sui lavori fondativi della cultura. Grandi personaggi hanno partecipato a titolo gratuito. www.articolonovedellacostituzione Molti i compagni di strada. La Farnesina intende estendere il modello con le scuole italiane all’estero.
Dal concorso lanciato per elaborati multimediali abbiamo visto che i giovani hanno compreso l’art 9, il valore della cultura e della ricerca. L’esperienza viene ripetuta con l’obiettivo ambizioso di un ragionamento a livello europeo: l’art. 9 della costituzione europea.
Dalla Legge Bottai e dal Codice Urbani, si è fatta molta strada».
Monica Bravi, Direttore della Fondazione Isabella Seragnoli
La sussidiarietà circolare è l’elemento cardine valoriale, verso le istituzioni e la comunità. «Le Fondazioni debbono lavorare anche insieme e debbono definire con le istituzioni, fino dalla base dell’ideazione dei progetti, quali sono le aree su cui lavorare, che il Pubblico non riesce a coprire, per lentezza nella formazione e delle strutture.
Chi è la FIS? La Holding delle attività non profit di Isabella Seragnoli. Lavora con fondazioni di secondo livello, su diversi assi core: le cure palliative con la Hospice, sul disturbo del comportamento alimentale e MAST sul socio-culturale.
Una “Capogruppo”, di visione aziendale, consente di dare servizi condivisi alle strumentali, prima di tutti i costi del servizio di fundraising.
Con le sue iniziative sviluppa imprenditorialità sociale. E’ partita dagli Hospice per cure palliative: inguaribile non significa incurabile. Il primo è stato l’hospice di Bentivoglio che ha generato una nuova cultura nelle cure palliative. Oggi FIS gestisce servizi anche negli ospedali e aprirà una residenza sui disturbi del comportamento alimentare ideata con il pubblico. Progetti rilevanti sui quali cerca contributi della business community, per dare valore al sistema sociale. Ottime le collaborazioni con istituzioni e imprese.
Le fondazioni private però oggi sono trattate con modello normativi “stretti”, come privati che hanno fini di lucro. C’è spazio per lavorare in questa direzione.
Le fondazioni debbono crescere nella metodologia di gestione e nella trasparenza. FIS, come altre, sta lavorando sulla misurazione dell’impatto sociale.
Finanziamento: i nostri progetti sono costosi nella fase di concepimento, realizzazione e gestione. Nei paesi anglosassoni ci sono borse sociali. In Italia, anche su questo punto, c’è molta strada da fare.
Se vogliamo che le fondazioni entrino nella partnership della circolarità debbono avere finanziamenti per progetti rilevanti».
Monica Ramaioli Direttore Fondazione Umberto Veronesi
Informazione all’esterno
«Perché nascono? La FUV nasce nel 2001 per il progresso delle scienze. Nel 2004 ha varato la prima conferenza mondiale sul futuro della scienza: in dialogo con la società civile, per rendere visibili i progressi che porta a favore di tutti, con la divulgazione scientifica che chiarisca la differenza tra scienza e fantascienza.
Ha portato la scienza nelle scuole: un terreno abbandonato. Anche le Università avevano vuoti di conoscenza. Ogni progetto è sempre stato sviluppato con altre fondazioni simili che si occupavano di conoscenza. Ad oggi ha “erogato” lezioni a 84mila bambini, un contributo che è una goccia nel mare rispetto a ciò che alla scuola necessita.
A fianco abbiamo sostenuto i ricercatori. Eccellenze. C’è un vuoto: portare a conoscenza delle persone le informazioni sulle attività di ricerca. Con il Corriere della Sera la FUV ha ideato uno sportello di informazione, una collaborazione non solo di carattere economico-finanziario, ma ideale e operativo. Per curare l’informazione la FUV ha varato con l’Università di Pavia e altre fondazioni un Master per giornalisti che dovranno operare nell’ambito della ricerca scientifica.
La prossima ambizione è un portale di informazione medico-scientifica: con internet abbiamo informazioni, ma quanto sono certificate e credibili?»
Francesca Traclò Direttore Fondazione Rosselli
Informazione all’interno. Fuori dall’autoreferenzialità.
«Negli ultimi anni abbiamo cercato di innovare. Compiamo anche noi 25 anni.
L’Ocse, come altri soggetti, ha sviluppato un’osservazione su un documento di fine settembre “il modello di sviluppo che si produrrà a partire dal 2015: concentrarsi su uno sviluppo urbano sostenibile in quanto la maggior parte della popolazione vivrà nelle città”. E’ un disegno particolarmente complesso da attivare. Servono un approccio multisettoriale e una governance multistakeholders. La realtà non più il modello lineare che abbiamo conosciuto. E’ complessa, connotata da un aumento di incertezza.
Uno dei punti centrali è l’intersettorialità. Leggiamo l’emersione di questo modello nella ricerca sociale: ad esempio il mercato televisivo per essere compreso va osservato con quello dell’innovazione tecnologica e degli altri mercati.
L’Ocse ci propone il sistema degli indicatori del benessere per mettere al centro della governance la persona: indicatori costruiti con diverse variabili di benessere individuale, sociale, ambientale, economico. Un punto di negoziazione per portare aventi un modello di politiche multistakehokder.
Qual’è il ruolo di una fondazione privata oggi? Essere laboratorio di innovazione: intersettorialità, incertezza, sussidiarietà, multitarget.
Ragionare su politiche integrate è molto difficile, anche se l’Unione europea ce lo racconta da molti anni. Ciascun soggetto decide con le risorse a disposizione, sempre più scarse. Se non c’è dialogo l’obiettivo non si raggiunge. Occorre lavorare su significati comuni e costruire insieme azioni comuni.
Cosa ha sperimentato la Fondazione Rosselli? Il modello dell’architettura emotiva di progetto. Con il MIUR sul liceo economico e sociale ha lavorato su come dare l’identità alla nuova configurazione. Hanno aderito 18 scuole, formando una rete indipendente di scuole con progetti comuni, innovazione della didattica per lavorare per una scuola nuova che ha poggiato sulla capacità di costruire apprendimento nelle persone.
Quali sono le logiche di network possibili?
Territorio (abbiamo cambiato i codici di comunicazione con imprese e istituzioni) per mettere a fattor comune le prassi innovative, aumentare la capacità di intervento Le risorse umane: sistemi di mobilità, tecnologie per condividere la conoscenza Rapporti internazionali: poche hanno un consolidato di rapporti internazionali. L’Unesco è disponibili Economie di scala: evidenti, rispetto alla gestione e all’innovazione».
Francesca Pasinelli direttore della Fondazione Theleton
Se ambiscono ad esercitare un ruolo, debbono essere rigorose con se stesse.
«Nasciamo su un modello anglosassone. Siamo una Fondazione che è espressione di un gruppo d’interesse, pazienti con malattie genetiche rare. i fondi che ci vengono affidati hanno un obiettivo specifico: trovare la cura, la ricerca scientifica è il mezzo e non il fine.
Il nostro modello di governance separa i tre ambiti: il fondatore, il mondo della ricerca che deve essere indipendente e non deve subire pressioni verso “tagli di angoli”. Finanziamo dalla ricerca di base (“fondamentale” apparentemente distante dall’obiettivo) a applicata.
Siamo una Fondazione prevalentemente di tipo erogativo: il che richiede un’indicazione molto forte sul progetto di ricerca e come di collochi su un percorso che vada verso l’applicazione di una strategia terapeutica».
Fondamentale è la valutazione, per la quale ci ispiriamo alle migliori prassi internazionali. Per le fondazioni erogative il vero momento della valutazione è ex ante, per decidere nel merito. Noi abbiamo un metodo rigidamente competitivo a seguito bandi. In Gb ci sono 120 grandi organizzazioni di ricerca che finanziano la ricerca scientifica che sono riunite nell’associazione delle Charity di ricerca biomedica, alla quale non si può accedere se non ha una peer review: è un obiettivo esplicito. Deve essere chiaro il patto con il donatore. Osserviamo nei programmi numerosi di raccolta fondi fatti nel nostro Paese una fumosità nelle finalità. Se si vive di raccolta fondi da un pubblico indifferenziato la valutazione è una caratteristica fondamentale. Siamo andati a vedere come veniva fatto fuori dal Paese. Il peer ad un progetto di ricerca è una persona competente in quel progetto: deve essere ancora attiva sulla ricerca, deve conoscere l’attualità, deve essere priva di apparenti e noti conflitti di interesse, con indicatori codificati, non può essere un unico revisore per progetto. La discussione di progetti di ricerca che sono in gara deve essere fatta collettivamente dai revisori (questo processo espone al giudizio dei colleghi e si può correggere una valutazione per la convergenza dell’opinione), la separazione tra chi chiede e chi decide (non deve essere il revisore a chiedere il progetto da valutare). La valutazione è un programma che può essere fallibile, la valutazione deve minimizzare il rischio di errore.
Un modello invalso nell’uso nei migliori enti di ricerca non è perfetto, ma contiene al suo interno continui elementi di valutazione ex post. Non ricorre agli indici bibliometrici, diventato un feticcio, ha senso su un grande insieme di progetti, ma nella valutazioni di un progetto fanno perdere di vista programmi e una figure emergenti.
Questa modalità di valutazione consente scientifica di settore».
Massimo Lanza, vice Presidente di Assifero
«La diversità è preziosa se si può fare sintesi, se si può fare il collante: prendere i valori comuni e dare forza.
L’associazione mette in rete la filantropia istituzionale, di diversi soci, con modalità bottom up: fa sintesi, crea modelli da diffondere, diventa catalizzatore».
Maria Cristina Cedrini, direttore della Fondazione Bracco
Guardando all’Europa, opportunità di fare sistema.
«Le fondazioni stanno diventando sempre più importanti, agenti di cambiamento in ogni paese europeo.
Sono 110mila in Europa, 4 ogni 10mila persone: i patrimoni sono 350 mila miliardi di patrimonio s disposizione e una fascia di spesa molto variata. Un fenomeno che non può più essere ignorato.
Come Bracco esportiamo l’italianità sui filoni scienza, arte e impresa all’estero. Per questo ci confrontiamo con realtà diverse tra settori e paesi che ci spingono a usare modelli buoni per farli diventare migliori.
Lavorare in Europa ci porta a confrontarci con Paesi che hanno creato formule che aggregano: fondazioni mantello o di cooperazione, in ambiti trasversali, transnazionali fondamentali per la prossima tornata di finanziamenti comunitari. I Fondi europei vanno nella direzione di una matrice anglosassone. Un quadro europeo.
Spagna: è partita da situazioni peggiori da quella italiana (1994). Con significative modifiche giuridiche ha dato agilità al settore soprattutto in termini burocratici e di commitment economici. Il fondo di dotazione è di 30mila euro, scalabile negli anni. La governance consente di avere i membri del board coinvolti. Il risultato è stato una grande mobilitazioni di risorse.
Francia: concepiscono la fondazione come un “contratto” verso la finalità. Se i risultati arrivano lo statuto giuridico viene confermato.
Germania: un esempio di eccellenza. Con la struttura federalista hanno decentralizzato, lasciando una piena autonomia ai land. La defiscalizzazione è in risposta alla registrazione e alla verifica di una pluralità di aspetti (oggi il 95% dei soggetti è registrato)
Svizzera: è extraeuropea, ma di grande energia organizzativa. Per attirare i significativi patrimoni europei ha creato formule di statuto per fondazioni internazionali di diritto svizzero che operano a livello globale”.
A livello europeo lo statuto è solo un primo piccolo passo.
Per creare una rete abbiamo coinvolto le fondazioni che operano a favore dei giovani nella settimana della cultura di Confindustria».
Fabio Roversi Monaco «Nel 1988, Marino Golinelli ha portato avanti un’idea con grande determinazione con il patrimonio costituito con l’attività imprenditoriale di successo.
Oggi ci offre una ricca possibilità di confronto che va istituzionalizzata. Il settore si è sviluppato in modo anarchico. Va analizzata la diversità e vanno verificati i profili “buoni”.
Come le fondazioni di partecipazione e comunitarie che, se sono espressivi di una comunità, sono elementi di arricchimento».
Interventi del pubblico
Paola Caporossi. Direttore Fondazione Etica
“In questa società c’è più classe dirigente di quanto immaginiamo, di energie che hanno fatto supplenza di pensiero. Oggi c’è molta stanchezza. Molti valori si sono consumati. Le Fondazioni sono un momento di partecipazione. Non solo un confronto tra esperti.
Le Fondazioni potrebbero supportare le pubbliche amministrazioni, anche per realizzare un rating di sostenibilità per incentivare quelle che fanno bene.”
Dario Cusani, Presidente della Fondazione Cusani
«Il paese ha bisogno di una partecipazione nuova e diversa e fare leva sulla partecipazione, sul volontariato. Dobbiamo cercare uno scivolo per chi va in pensione per valorizzarne l’esperienza professionale».
Matteo Cauli, Luiss (responsabilità sociale delle imprese)
«Quale strumento di sviluppo futuro? Ci troveremo criticità anche nella divaricazione, i ricchi sempre più ricchi, i marginali sempre più marginali. Le forze in atto che determinano la divaricazione sono potenti e sempre più globali. Occorre un ulteriore salto di qualità, un “cambio di specie” al mondo della filantropia e delle fondazioni.
Sono necessarie aggregazioni: l’Italia non ha fondazioni di grande livello, eccetto le fondazioni di origine bancaria. Una miriade di piccole fondazioni, tra le quali si trovano eccellenze, ma la capacità di intervenire su fenomeni strutturali è limitata.
Come il mondo delle imprese si è interrogato sull’aggregazione, mantenendo le individualità e e specificità, dovrebbero ripensarsi le fondazioni per aumentare i meccanismi di patrimonializzazione e di disponibilità e creare una cultura della filantropia moderna, della venture philantropy, di una cultura della donazione. Per rafforzare il sistema affinchè possa dare risposte».