Strenua difesa alla privatizzazione della gestione dei musei pubblici. Ma quali le alternative?
L'annunciato avvio da parte del Ministro Ornaghi del percorso di istituzione della fondazione di diritto privato per la gestione della Pinacoteca nazionale della Grande Brera prende corpo con l'articolo 8 del decreto sullo sviluppo e genera una levata di scudi da parte di esperti e storici dell'arte, del calibro di Settis, che sottoscrivono un appello al Presidente Napolitano e al Premier Monti per scongiurare la privatizzazione del patrimonio pubblico.
La preoccupazione palesata non riguarda solo Brera, ma la prospettiva che con la definizione normativa si crei un modello che venga esteso anche ad altri musei, con il rischio dell'ingresso di «capitali forti, non solo italiani», come tuona il giovane storico Tomaso Montanari.
Siamo arrivati al redde rationem delle finanze pubbliche e l'autunno sarà segnato da una campagna di privatizzazioni per l'esecutivo.
Non può rimanere fuori la cultura, per la gestione dei quasi quattromila musei del Paese, la conservazione e la valorizzazione dell'eccezionalità e la peculiarità di un patrimonio culturale diffuso. Il che non implica una svendita di patrimoni agli emiri del Qatar o agli oligarchi russi, ma l'individuazione di soluzioni istituzionali per incentivare e rendere possibile la invocata collaborazione pubblico-privato. Posizione questa di Confcultura, espressa dalla Presidente Patrizia Asproni favorevole all'indirizzo e al concetto di efficienza economica, seppur con riserve che nascono dalle esperienze del nostro Paese nella traduzione del modello fondazionale, segnata in molti casi in passato da superfetazione normativa, aumento della burocrazia e corsa alle poltrone». Molti i punti ancora aperti «Chi nominerà la Presidenza. La direzione?...quale sarà il fondo di dotazione della Grande Brera?». Fondamentali passaggi da definire, valutando anche la situazione della privatizzazione degli enti lirici, nati senza patrimonializzazione e la posizione critica del MAXXI, nato soltanto due anni fa e oggi commissariato. Occorre evitare di «..pensare prima al contenitore giuridico che al contenuto come si è sempre fatto in Italia» aggiunge la Asproni.
Per Elleni Vassilika, direttore della Fondazione Museo Egizio, «l'inerzia non è la soluzione». Commentando i risultati ottenuti dalla sua fondazione in termini qualitativi, di pubblico, di sostenibilità e progettualità, evidenza come la privatizzazione non riguardi la proprietà del patrimonio, ma la gestione. In merito all'altra forte preoccupazione sul futuro dei dipendenti, nel caso dell'Egizio come in altri, ad esempio la Fondazione Torino Musei, la naturale soluzione è stata individuata lasciando l'opzione al personale sull'ingresso nella fondazione o sul mantenimento di un posto ministeriale. Risultato, un forte rinnovamento del personale, con nuove competenze, in pochi anni.
«Brera è ferma da quarant'anni... Ci vogliono strumenti nuovi, al passo con i tempi e con un sistema economico cambiato. Salvando sempre la primazia dello Stato» replica il Ministro Ornaghi. Occorre realismo e azione.
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