A Roma, in Europa, nel mondo: la Fondazione Romaeuropa lavora in rete
Roma. Il nome racchiude la doppia anima della Fondazione Romaeuropa, impegnata nella promozione e diffusione dell’arte, del teatro, della danza e della musica contemporanee. Nata nel 1984 come Associazione degli Amici di Villa Medici, frutto di un’iniziativa italo-francese, e trasformata in fondazione nel 1990, è un crocevia di scambi culturali con la città di Roma e le sue istituzioni culturali, da una parte, e il mondo intero, dall’altra. Dal 2008 ha sede presso l’Opificio Telecom Italia e le sue attività principali sono il Romaeuropa Festival, Digital Life, la gestione artistica del Palladium Università Roma Tre, l’Ente di Promozione Danza. «L’anima internazionale è nel dna della Fondazione, essendo nata con le Accademie straniere a Roma, principalmente a Villa Medici, ma è chiaro che non si può fare un’attività culturale senza avere un legame profondo con il luogo in cui ci si trova. Per noi è sempre stato fondamentale comprendere la situazione creativa locale e interagire con essa.»
Monique Veaute, prima direttore artistico e oggi Presidente di Romaeuropa, racconta quali sono i tre fattori innovativi che fanno della Fondazione una delle istituzioni di maggior prestigio in Italia e in Europa.
«Il primo è il modo in cui è costituito il nostro Consiglio di Amministrazione, che riflette il modo in cui è stata creata la Fondazione, con i rappresentanti di diversi paesi europei, provenienti da ambasciate e Accademie di cultura, lo Stato Italiano, gli Enti Locali, personalità e coloro che ci sostengono. E’ un Consiglio un po’ ampio, che ci offre, però, il vantaggio di una garanzia all’interno della Fondazione, non dico di sorveglianza, ma quantomeno di buona pratica.
Il secondo punto riguarda la gestione. In 27 anni abbiamo raggiunto una sola volta un deficit. L’attenzione al pareggio di bilancio è sempre alta perchè siamo una fondazione privata con una missione pubblica. Abbiamo finanziamenti dallo Stato, dal Comune, dalla Regione e dalla Provincia per il 50%; l’altro 50% arriva da privati e dalla biglietteria. E’ importante avere un buon governo, che permetta, tra le altre cose, di essere sempre regolari nel pagamento degli artisti con cui lavoriamo e del nostro personale. Siamo seri nel rispettare i nostri impegni.
La terza cosa è l’innovazione dei programmi. Siamo costantemente alla ricerca di nuove creazioni e questo influenza tutta la nostra attività. Per esempio, lavoriamo da 5 o 6 anni sulle nuove tecnologie. Abbiamo creato una web factory e sviluppiamo un lavoro continuo sul digitale, con l’obiettivo di essere sempre dentro quello che sta accadendo nel mondo.»
La direzione della Fondazione è quella seguita dall’Unione Europea, per raggiungere il traguardo dell’Europa 2020 e realizzare tutte le sue iniziative, in cui i settori culturali e creativi rappresentano un'importante fonte d'innovazione tecnologica e non, con un potenziale che deve essere sfruttato appieno.
«Da anni l’Unione Europea ha creato moduli e attività, che hanno dato alle istituzioni culturali la possibilità di lavorare in rete con altri paesi. Fin dall’inizio abbiamo partecipato a questi network, attraverso cui abbiamo incontrato strutture che non conoscevamo, in paesi quali, ad esempio, la Finlandia, la Danimarca, la Polonia. Sono contatti che abbiamo aperto con l’aiuto dell’Unione Europea, che rappresenta in tal senso un vero e proprio motore propulsivo pienamente coerente con le nostre aspettative. I programmi più recenti sono legati alle nuove tecnologie e alle iniziative dei giovani. Anche se i finanziamenti non saranno mai sufficienti, l’Europa è orientata alla creazione di un sistema di incontri e di sussidiarietà, fondamentale per realizzare le nostre attività.»
La Fondazione Romaeuropa ha sostenuto l’importanza di partnership «creative» sin dall’inizio e proprio in considerazione di ciò nel 2009 è stata insignita da Federculture del «Premio speciale per la cooperazione pubblico-privato» per l’ideazione di nuove modalità di finanziamento basate sulla partnership pubblico-privato e sul coinvolgimento del settore non profit.
Per quanto riguarda i privati, al rapporto con Eni è seguita, a partire dal 2008, «una solida sinergia» con Telecom Italia, con cui condivide l’interesse per le frontiere dell’innovazione, tecnologica e artistica.
«Non abbiamo mai considerato lo sponsor come un «datore di soldi». Non siamo per loro un’agenzia di pubblicità, perché non saremmo mai in grado di agire in tal senso, ma possiamo essere il braccio creativo di una grande azienda. Lo siamo stati con Eni un tempo, quando abbiamo proposto loro di fare un grande lavoro sulla via della seta che oggi è la via del petrolio. Con Telecom abbiamo dato vita alla web factory, una piattaforma creativa sul web; abbiamo affrontato il mondo della diffusione, ad esempio con lo streaming di tutti i nostri spettacoli, e sviluppato il percorso di ricerca nel mondo della cultura digitale all’interno di Digital Life, progetto espositivo di ricerca. Lo stesso approccio è stato seguito con UniCredit, per la sua collezione dedicata all’arte contemporanea, e con il distretto tecnologico della Regione Lazio, con cui abbiamo censito tutte le aziende creative del territorio: 40 imprese, anche piccolissime, in grado di fare innovazione. Con queste abbiamo lavorato per dare vita ad un progetto artistico.
Quando troviamo un partner dobbiamo capire cosa realizzare insieme e ciò ci permette, anche se con un bilancio relativamente ridicolo in confronto a tante altre fondazioni, di ottenere un indotto molto più importante rispetto a quanto è visibile esternamente.»
In particolare, con Telecom Italia, oltre a far vivere gli spazi dell’Opificio che ne porta il nome, la Fondazione condivide il percorso di ricerca e produzione, teso a dar vita a sempre nuove forme di interazione tra l’arte contemporanea, le performing e digital arts: un vero e proprio laboratorio progettuale dove sviluppare creazioni originali, in collaborazione con altri partner europei.
«Non siamo autoreferenziali, lavoriamo in rete e questo ha un effetto moltiplicatore straordinario per tutti.»
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