Quale ruolo per le autonomie locali nelle partnership pubblico-privato nella cultura?
Ravello. Dalla recente Conferenza Nazionale degli Assessori alla cultura e al turismo «Le città della cultura», promossa da Federculture e da tutte le associazioni rappresentative delle Autonomie Locali, è emersa con chiarezza la visione, sempre più diffusa, che la cultura non possa più essere considerata una «politica verticale», ma debba, necessariamente, ispirare l’insieme delle politiche pubbliche nei territori.
E’ comune consapevolezza che solo una progettualità condivisa possa rilanciare nuove iniziative a base culturale e contrastare gli effetti della crisi. In questo senso, l’esperienza del modello «Capitali Europee della Cultura» costituisce una buona pratica cui ispirarsi. L’approccio alla pianificazione strategica, alla progettazione integrata interistituzionale, al partenariato pubblico-privato e al coinvolgimento della società civile richiesto dal modello delle capitali europee, infatti, ha mostrato in una pluralità di casi (Lille 2004, Liverpool 2008, Ruhr 2010) di avere effetti duraturi sulle città e sui territori, innescando un nuovo percorso di sviluppo basato sulla cultura e sulle industrie culturali e creative. Proprio alla luce dei risultati di Liverpool 2008, il Ministero della Cultura britannico ha recentemente proclamato Londonderry «Città della Cultura del Regno Unito» per il 2013, scelta per aver presentato progetti che, attraverso un ambizioso programma culturale, hanno il pregio di intervenire sull'intero processo di rigenerazione urbana, con importanti effetti economici e sociali. In maniera abbastanza paradossale per un Paese come il nostro che stenta a programmare oltre il giorno dopo, molte città italiane sono alle prese con le scadenze previste dal protocollo europeo che, nel 2019, assegnerà all’Italia il titolo di Capitale Europea della Cultura. Come verrà trattato nei «Colloqui Internazionali» di Ravello Lab (27-29 ottobre 2011) a tema «Trasformazioni Urbane, Ecosistemi Creativi e Coesione Sociale. Le politiche culturali europee tra crisi e sviluppo», è auspicabile che tale modello possa diventare una pratica ordinaria d’intervento nella pianificazione dello sviluppo dei territori, incrociando le attività culturali con i processi di rigenerazione urbana e con lo sviluppo delle industrie culturali e creative che, secondo le ricerche più recenti dell’Istituto Tagliacarne, nel periodo 2003/2009 sono cresciute al netto dell’artigianato di ben l’11%. Negli stessi colloqui verranno portati anche i primi risultati di due dei sei distretti avviati dal «Progetto Distretti Culturali» della Fondazione Cariplo, unico in Italia: la Val Camonica, in cui insistono eccezionali testimonianze di arte rupestre e forme innovative di offerta culturale, e l’Oltrepò Mantovano, il cui territorio presenta una forte potenzialità a fare sistema innestata su un’identità paesaggistica, agraria e storico-artistica ben definita. La progettualità condivisa tra amministrazioni locali, soggetti non-profit e imprese mostra grandi potenzialità di sviluppo e impone di «fare sistema» a partire dal basso.
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