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Phoenix

  • Pubblicato il: 28/08/2015 - 13:10
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Patrizia Asproni

 
L'uccisione di Khaled Asaad è un'altra drammatica scossa alle coscienze di tutto il mondo, atroce tassello del terrificante susseguirsi di barbarie ininterrotte ormai da troppo tempo: mentre impone agli occhi del mondo la sua efferata e indiscriminata violenza verso persone, luoghi fisici e simboli, l'IS avanza in un progetto politico espansivo che trova nel saccheggio e nel commercio illecito di reperti storici e archeologici una consistente e continua fonte di alimentazione
 
 
 
 
Orrore, devastazione e persecuzione affatto ciechi, dunque, ma prodotto di una lucida strategia accompagnata da un messaggio che risveglia paure ancestrali, quello del rastrellamento storico-culturale, della “pulizia ” irreversibile, sistematicamente volta a cancellare ogni traccia della memoria di popoli e culture. La damnatio memoriae come arma di distruzione della civiltà, il terrorismo culturale come strumento di feroce oppressione realizzata attraverso lo smantellamento dell'immaginario che i beni culturali contribuiscono a definire per le comunità, attraverso il quale esse si riconoscono e si raccontano al mondo.
 
Khaled Asaad non è solo morto da eroe: è vissuto come tale. La sua orribile fine, probabilmente seguita alla tortura per ottenere informazioni su reperti nascosti, risuona come la più brutale e simbolica delle espressioni della volontà di cancellare, in ogni loro forma, tracce di Umanità.
Al “custode di Palmira”, che neanche sotto le ripetute minacce ha voluto abbandonare i luoghi cui ha dedicato il suo infaticabile impegno, venendo per questo riconosciuto in tutto il mondo come il più autorevole degli esperti di quelle civiltà, oggi il mondo deve profondo cordoglio, rispetto, ricordo.
 
Ma non può bastare. Il suo sacrificio deve far superare ogni indecisione e spingere la comunità internazionale a intervenire. Ai ripetuti appelli dell'UNESCO in difesa del patrimonio dell'umanità, quindi, non si può che rispondere con l'istituzione di una task force presso l'ONU che si occupi di tutelare il patrimonio culturale in situazioni di crisi e conflitto come quella che attraversa oggi il Medioriente e il Nord- Africa.
 
In seno ad essa, il nostro Paese, per l'esperienza maturata nella tutela e nella conservazione dei beni culturali e nell'intervento in situazioni emergenziali (si pensi, nel caso delle calamità naturali, agli effetti dei terremoti in Umbria, Marche e Abruzzo) - in combinazione con un'attenta pianificazione concordata a livello internazionale - potrebbe rappresentare la sede per un'agenzia per la salvaguardia del patrimonio culturale mondiale, che lavori alla protezione dal rischio, alla prevenzione e al restauro impiegando la sua expertise nel recupero del genius loci, dell'immaginario e delle tradizioni dei popoli che trovano espressione nei beni storico-artistici.
 
Proponiamo quindi l'istituzione di una vera e propria Agenzia, che vogliamo chiamare simbolicamente Phoenix,  che dovrebbe collaborare con UNESCO per guidare buone pratiche di gestione dei beni culturali in situazione di crisi, chiamando a raccolta studiosi ed economisti, esperti di conflitti e protezione civile di tutto il mondo, con un focus specifico sui Paesi interessati da conflitti e da processi di democratizzazione recenti o non completamente compiuti, che si confrontano oggi con nuovi approcci alla loro storia e al loro patrimonio.
Un organismo super partes, di cruciale portata politica anche per la opportunità che offre di contribuire a porre le basi per una nuova policy basata sul dialogo ed il rispetto culturale tra le popolazioni, utile anche a mediazioni che spesso non riescono a trovare terreni comuni in altri ambiti.
 
Lo si deve oggi al sacrificio di Khaled Asaad, e nessuna esitazione è ammessa come testimonia solo ieri, a distanza di poche ore, la distruzione del millenario Monastero di Mar Elian in Siria. Lo si deve all'umanità intera, prima che l'orrore colpisca ancora e infligga a noi tutti una nuova, insanabile perdita. 
 
 
Patrizia Asproni, Presidente Fondazione Industria e Cultura