Open Mind: Una città creativa nella città metropolitana
Bologna. Un nuovo pezzo di città sostenibile e creativa. Incontriamo l’Ing. Antonio Danieli, Direttore della Fondazione Marino Golinelli, per conoscere più da vicino la nuova creatura chiamata «Open M» (dove M sta per Mind). Il centro culturale, voluto dall’imprenditore farmaceutico e filantropo, con un investimento di otto milioni di euro, messo a disposizione dal portafoglio personale dello stesso fondatore.
Come avete scelto la struttura industriale dismessa dove sorgerà “Open M”? E’ per voi un progetto di archeologia industriale?
Assolutamente sì, è un intervento di archeologia industriale. E non sono stati scelti a caso l’area territoriale e il luogo specifico.
L’area territoriale non doveva necessariamente essere questa, ma abbiamo fatto una ricerca in zone che fossero tradizionalmente lontane dagli assi strategici di sviluppo già noti, con l’idea che Bologna, come città metropolitana, debba in prospettiva futura articolarsi in realtà policentriche che dovranno dialogare tra loro in maniera interconnessa.
Quindi prima della scelta urbanistica occorre parlare di una scelta culturale, di superamento delle barriere. Esattamente come abbiamo impostato l’attività della Fondazione, che ha portato la scienza in piazza, fuori dalle accademie, tra i cittadini e nelle periferie.
In questo caso abbiamo voluto inserirci nello sviluppo del policentrismo, attraverso zone di espansione nuove per la città metropolitana, che raggiungerà il milione di abitanti nell’intero comprensorio.
Inoltre questa zona, vicina ad una grande struttura ospedaliera e ad un polo di sviluppo universitario, si caratterizza come polmone intermedio tra una zona abitata e un quartiere vero intensamente popolato.
Ancor più interessante l’idea di riqualificare un immobile degli anni ’50. In questo c’è sicuramente un valore simbolico. Conserveremo la struttura di uno stabile nel vecchio comparto Sabiem (fonderie e assemblaggio di componentistica meccanica), l’esterno rimarrà inalterato e porteremo a 4500 mq. la superficie disponibile negli interni, riarticolando i due corpi attuali.
Questo luogo sarà la metafora della città e della collettività, di una città con uno spiccata vocazione a creare e a crescere. In una città in divenire continuo, questo luogo tipico, storico, dove si lavorava e si costruiva, rappresenta nel modo migliore il DNA della Fondazione Golinelli. Non è quindi una scelta fatta a caso.
Qual è lo stato attuale del progetto? E’ stato già scelto l’Architetto? Sono confermati i tempi di realizzazione al 2015?
In Aprile 2015 si concluderanno i lavori e inaugureremo Open M. Il progetto è stato affidato a DIVERSERIGHESTUDIO di Bologna, uno studio di professionisti giovani che hanno saputo ben interpretare la nostra visione. Soprattutto all’interno della struttura ci sono diversi elementi di questa suggestione: hanno tradotto la nostra attività e l’hanno immaginata come una città in movimento, metafora della città e del territorio metropolitano di Bologna.
All’interno di Open M ci saranno elementi che faranno riferimento alla storia industriale di questa struttura? Cosa manterrete come anima del luogo?
In Open M avranno sede gli uffici della Fondazione Golinelli, laboratori didattici per le scuole di ogni ordine e grado, gli acceleratori d’impresa del trust “Eureka” (Eureka Trust in Future un progetto per sostenere la creatività dei giovani che partirà a maggio), infrastrutture per iniziare a generare valore come impresa dopo il periodo formativo. Che fosse uno stabile industriale era fondamentale, altrimenti non sarebbe emerso in questa poliedrica modularità.
Vi saranno collocate le «metafore» dei giardini, dell’agorà delle piazze ed anche un auditorium per la formazione e per incontri culturali e dibattiti, disponibili per la città e per pubblici esterni.
Sarà quindi una nuova città dentro la città, ma conservandone la storia. L’esterno rimarrà immutato e verrà riqualificato con i profili originari e la luce sarà elemento essenziale. Nell’entrata principale verrà realizzato un ampio spazio a verde (prima non esistente) che d’estate sarà utilizzato come dehors.
Gli interventi strutturali sull’esterno avranno una valenza importante. Due aree di accoglienza con ampie vetrate consentiranno di vedere da fuori cosa si farà dentro. Anche le pareti delle sottostrutture saranno trasparenti: si potranno vedere i ragazzi che lavorano nei laboratori, senza che siano disturbati.
Una struttura utilizzata per arte e cultura, proiezioni, teatro, laboratori che dovrebbe accogliere 100.000 persone l’anno come punto di attrazione nazionale e internazionale. Tutto vivrà con possibilità di modifiche continue, una città che vive, che pulsa, cresce e modifica gli spazi interni con molta flessibilità.
Anche la scelta dei materiali è innovativa, in linea con l’adesione alla campagna della Regione Emilia Romagna e Legambiente di “zero consumo di suolo”. Verranno utilizzati materiali poveri, strutture di acciaio, legno, tutto con logiche funzionali al progetto in chiave di sostenibilità e con un livello massimo di protezione dai rischi.
Come collegherete Open M e la Città? Che rapporti avete avuto con l’Amministrazione locale?
Dobbiamo ringraziare il Comune di Bologna e la visione strategica con cui ha collaborato, condivisa in prima persona dal Sindaco e dall’Amministrazione a tutti i livelli.
Sul piano operativo poi, tutte le attività della Fondazione Golinelli vengono realizzate in stretta sinergia con il Comune di Bologna, ad esempio sulle dinamiche collegate alla formazione e al sostegno dei giovani abbiamo una intensa collaborazione che vogliamo sviluppare ulteriormente per il futuro.
Siamo certamente in un contesto storico nuovo, ma c’è anche una visione che mette al centro sinergie e collaborazione.
Parlando di mecenatismo d’Impresa, quale collegamento esiste tra Fondazione Golinelli e le strategie industriali di Alfa Wassermann?
In realtà non c’è alcun collegamento. C’è la scelta di avere una fondazione privata non corporate: infatti si chiama Fondazione Golinelli e non Alfa Wassermann, dal suo fondatore Marino Golinelli. E’ una scelta di campo per cui va separata la figura dell’imprenditore dall’impresa. L’imprenditore ha dato vita alla Fondazione come cittadino che applica la propria responsabilità civica, che restituisce alla collettività parte della fortuna che ritiene di avere avuto. C’è una certa visione del ruolo e dei rapporti sociali. Anche questo rappresenta un modello.
Per la sua esperienza, come vede le possibili sinergie nelle iniziative culturali tra Pubblico e Privato? E come vede il confronto con altre esperienze internazionali ?
Se prendiamo l’esperienza maturata tra la Fondazione Golinelli e il Comune di Bologna, proiettandola in un contesto più ampio, si vedono i risultati di un proficuo dialogo tra pubblico e privato. E’ un dialogo figlio dei tempi di crisi ma anche della consapevolezza del valore aggiunto che le partnership possono dare.
Le Fondazioni private che si pongono obiettivi pubblici devono essere riconosciute come portatrici di innovazione e questa innovazione deve essere considerata come lievito dello sviluppo e della sua sostenibilità. Partendo dal presupposto che educazione e cultura creano sviluppo (è questa la nostra ambizione) una Fondazione come la nostra, di tipo anglosassone, operativa e non assistenziale, agile, che circuita idee positive, può dare alle istituzioni pubbliche un valore in più e un po’ di risorse, con piani a medio-lungo termine in una direzione comune.
E per ultimo una mia curiosità: Come ha incontrato il giovane Ing. Danieli e la Fondazione Golinelli e il mondo del non-profit ?
Dopo la laurea a Bologna in Ingegneria gestionale, ho lavorato a Milano in società di consulenza gestionale (Arthur Andersen e KPMG). In queste esperienze ho sviluppato interessi per tematiche di sostenibilità in senso ampio, economico e sociale. Ho quindi abbandonato temporaneamente il percorso manageriale per un master di un anno alla Università Bocconi in Management delle aziende non profit e delle fondazioni.
Terminato il master ho prima creato una società di consulenza in questo campo, e ho poi diretto Nomisma Terzo Settore lavorando con Fondazioni e Amministrazioni pubbliche su progetti di sviluppo, occupandomi di macro-economia e società, in una visione non solo aziendale ma più ampia. Da quasi cinque anni ho iniziato questa esperienza con Marino Golinelli con la piena consapevolezza del contributo che l’imprenditoria e l’economia possono dare all’educazione e alla cultura.
Oggi per il rilancio necessario del Paese occorre che ciascuno faccia di più. L’educazione e la cultura nei giovani saranno un fattore di fondamentale importanza per riprendere il percorso di un destino comune positivo, ridando speranza di sviluppo al nostro Paese.
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