Occhio al visionario
Rivara, Roma, Torino. La relazione tra arte, ambiente e architettura e la condizione dell’immagine in un mondo dominato dalla riproduzione fotografica e dalle tecnologie digitali sono i temi cardine della produzione di Hermann Pitz(Oldenburg, 1956). A ospitare l’artista tedesco è laFondazione Franz Paludetto, con un grande progetto espositivo che comprende tre sue personali: «Analogia di Coimbra», nella sede di Roma, «Analogia del tempo», negli spazi di Torino, entrambe fino al 14 luglio, e «Analogia», nel Castello di Rivara (To), fino al 28 ottobre.
Le opere scelte spaziano dalla fotografia all’installazione e all’intervento site specific e sono realizzate dagli anni ’90 a oggi. Figurano bizzarre macchine della visione, collocate vicino alla finestra o illuminate da luci elettriche. Grandi lenti d’ingrandimento e gocce d’acqua divengono il meccanismo attraverso cui l’artista tedesco innesca fenomeni di rifrazione e illusione ottica, ponendo lo spettatore di fronte alla discrepanza tra la realtà e la sua percezione. È ciò che accade anche osservando le attrezzature fotografiche e i modelli di oggetti disposti a pavimento, che suggeriscono luoghi lontani, punti di vista inaspettati, visioni e immagini di altre dimensioni. Altrove, invece, l’artista riproduce con materiali chimici e artificiali forme naturali, effimeri microcosmi e caleidoscopici cortocircuiti visivi.
L’approccio artistico di Pitz rientra nell’ambito concettuale, ma senza sacrificare l’emozione in virtù della logica. Il suo lavoro si colloca, dunque, tra la visione scientifica e fantastica del mondo fisico e della sua interpretazione. Nell’opera di Pitz la realtà si fonde con l’artificio, trasformando il mondo in una molteplicità di punti di vista, in cui ciascuno è libero e tutto diventa possibile.
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