Nasce IULM innovation Lab
IULM di Milano, ha inaugurato a settembre un nuovo componente del campus alla cascina Moncucco, un edificio storico del ‘600 contiguo all’Università, abbandonato e degradato, al quale l’Università sta investendo risorse finanziarie, unitamente al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la Regione Lombardia, il Comune di Milano. Ne parliamo con il professor Angelo Miglietta, Presidente IULM Innovation Lab, la società dell’Università IULM acceleratore per le start up creative.
Come ha recentemente sottolineato lo scrittore Gianluigi Ricuperati, “al prof. dell’Università IULM Angelo Miglietta, già segretario generale di Fondazione CRT, si deve l’elaborazione nel 2008, con l’indimenticabile economista della Cultura Walter Santagata, dell’istituzione che non c’era, un progetto inedito a Torino, capace di inventare nuovi linguaggi, portare nel nostro paese le menti migliori a livello globale, dialogare con la cultura mainstream pur non essendo mainstream, produrre pensiero e lavoro. Un sogno chiamato OGR, lontano dall’intrattenimento, ma produttore di conoscenza pubblica”. Ora il professore guida il nuovo acceleratore di idee per di business dell’Università IULM di Milano. 50 iscritti per il IULM innovation Lab combina lezioni frontali, workshop e seminari, al percorso di accelerazione e un investor day concepiti sul lean start up e open innovation. Ci confrontiamo con il prof. Miglietta.
Come possiamo definire oggi l’innovazione?
L’innovazione è stata una determinante dello sviluppo economico della società occidentale. Oggi ha acquisito un ruolo ancora più importante perché ne è aumentata l’intensità e la velocità. L’intensità perché si innova di più e tutti gli attori economici hanno una forte attenzione all’innovazione. La velocità perché l’innovazione così aumentata rende più rapido il processo di cambiamento. Quindi innovare oggi significa adeguare continuamente la capacità competitiva dell’impresa in tempi molto più rapidi.
Come può interpretare l’innovazione un’istituzione universitaria?
Su due piani: il primo è quello relativo all’innovare nell’attività didattica e nella missione di servizio alla società, la cosiddetta “terza missione”; il secondo consiste nel farlo usando delle formule innovative. Mi pare che la IULM abbia scelto di operare su entrambi i piani, sia attraverso una continua attenzione alle nuove tematiche che interessano la società contemporanea, in particolare le nuove professioni, sia con riferimento al modo come si fa didattica. Si propone da sempre come innovatore, offrendo una formazione orientata alla comprensione di tematiche complesse attraverso un approccio multidisciplinare. Da noi pertanto non ci si laurea in una disciplina (economia, psicologia o sociologia per esempio) ma in una tematica (comunicazione, marketing digitale, media, turismo, territorio, interpretariato). Inoltre un altro aspetto dell’innovazione è nell’uso da sempre di laboratori linguistici, didattici, nonché l’utilizzo dei media come strumento didattico e altre attività che collocano la IULM a pari con le altre istituzioni all’avanguardia.
Questo discorso si può ricondurre all’attuale cambiamento nel rapporto tra l’ambito accademico e il mondo del lavoro?
Purtroppo in Italia, con riferimento alle discipline socio-economiche, questo rapporto non è certamente favorito dal modo con cui la burocrazia italiana valuta la qualità dell’università. In particolare, essa finisce per dipendere principalmente da come è valutata la qualità delle pubblicazioni fatte dai suoi docenti, senza un particolare apprezzamento delle attività che essi svolgono nei confronti della realtà. Un esempio un po’ provocatorio: tra un’università che produce molte startup e un’altra che produce molti paper giudicati di qualità secondo criteri formali, per il sistema italiano fino a oggi è stata premiata la seconda. Vi è quasi un rifiuto ad apprezzare l’impatto dell’attività di ricerca, secondo una prospettiva che mi pare più aristotelica che galileiana, pertanto colta ma esposta a rischi metodologici. Ciò detto, un’università non statale come la IULM, pur consapevole del rischio di valutazioni burocratiche meno positive, sceglie comunque di sforzarsi per dare un servizio anche di terza missione alle imprese e agli studenti. La tumultuosa crescita delle iscrizioni, il grande successo dei nostri laureati, sia in termini di tasso di occupazione, sia in termini di stipendio, documentano come il mercato, a differenza dalla burocrazia, ben apprezzi quest’approccio.
Parliamo di IULM Innovation Lab, il nuovo progetto che accompagna i giovani nello sviluppo delle loro idee imprenditoriali. Quali motivazioni hanno portato alla sua nascita? Quali obiettivi mira a raggiungere?
Durante i corsi di economia e management che tengo da tanti anni nella nostra università, tra gli studenti emergeva spesso questa considerazione: “ma io avrei un’idea, vorrei fare qualche cosa”. Allora mi sono reso conto di come anche un’università come la nostra, apparentemente non mirata allo studio delle discipline economiche, poteva tuttavia essere una culla di idee imprenditoriali. Approfondendo il tema è diventato chiaro come l’approccio olistico tipico dell’università IULM era forse quello che stimolava maggiormente la promozione di idee da parte dei nostri studenti. Infatti il marketing, la comunicazione, il turismo e i media sono determinanti fondamentali del fare impresa e iniziare startup nella contemporaneità. C’è dunque in IULM tantissimo materiale per orientare gli studenti verso l’imprenditorialità e la creazione di startup. Vedendo inoltre come i nostri laureati occupano spesso le posizioni di rilievo a livelli manageriali nelle più importanti imprese del paese, è emerso chiaramente come la IULM sia ben orientata alla comprensione della tematica “impresa”. Non però nella prospettiva disciplinare, tipicamente economico-manageriale, bensì nella capacità di capire la complessità dell’impresa, di vederla come una realtà nella società contemporanea. Lo scopo dello IULM Innovation Lab è quello di dare agli studenti una possibilità di implementare le loro idee in una business idea e poi magari in una startup.
E la scelta di consentire il percorso anche agli studenti al di fuori della IULM?
Questo fa parte del fatto che la IULM è un’università non statale ma che dà un servizio pubblico, idea molto importante e cara al nostro Rettore. Nel momento in cui noi diamo formazione per costituire startup, in modo complementare rispetto ai nostri corsi di laurea, scegliamo di impartirla a tutti. Si tratta di un onere a nostro carico che però sosteniamo volentieri per il nostro obiettivo di restituire valore alla collettività. Ciò peraltro è coerente con il convincimento che dalla contaminazione reciproca tra i ragazzi che hanno background diversi e complementari potranno nascere startup di maggiore successo. Una startup di successo deve poter contare su un buon team, e un team è forte se fatto di diversità, non di omogeneità.
Potrebbe definire brevemente le attività e le figure professionali coinvolte nel progetto?
Abbiamo coinvolto i docenti dell’università, i numerosi manager e i dottorandi all’interno della IULM che scelgono di destinare parte del loro tempo all’attività di docenza utile agli studenti per capire se la loro idea possa diventare un’idea d’impresa. I manager, in particolare provenienti dalle società di economia digitale, della share economy e della smart economy, tipicamente svolgono l’attività di tutorship e di mentorship.
Quindi in questo è racchiuso, in parte, il rapporto dell’Innovation Lab con il mondo delle imprese?
Sì, infatti l’Innovation Lab costituisce uno dei punti più rilevanti del sistema di relazioni tra l’università IULM e il mondo delle imprese. Non a caso la IULM vede nel proprio organico una figura professionale specifica, una struttura dedicata a quest’attività.
In fase attuale, quali sono le aspettative e le funzioni principali di un Investor Day?
Sono diverse. La prima è quella di comunicare al mondo degli investitori che la IULM è un luogo dove bene si possono sviluppare le idee d’impresa e delle startup, far capire meglio quel mondo complesso che è la IULM, a causa della scelta di insegnare non discipline tecniche ma i modi per gestire problematiche e tematiche con l’approccio multidisciplinare. La seconda è rappresentata dal desiderio di creare nel tempo un sistema di attenzione intorno alle nostre attività. Vorrei ricordare che il Made In Italy è fatto delle quattro “A”: a parte il settore automobilistico, gli altri tre ambiti – l’arredamento, l’abbigliamento e l’alimentare – si sono evoluti poi in moda, design ed enogastronomia, o la cultura del gusto. Per essere un’impresa di successo in tali settori sono necessarie certamente conoscenze tecniche, ma anche e soprattutto soft skills legati al marketing, alla comunicazione, alla psicologia, alla sociologia e all’antropologia dei consumi. Ed è qui che viene fuori la specificità della IULM: lavorare nell’innovazione delle attività in cui queste funzioni sono rilevanti.
Che cosa differenzia lo IULM Innovation Lab da altri progetti di questo tipo presenti soprattutto in Nord Italia?
In particolare è la segmentazione molto mirata ad applicare l’innovazione negli ambiti specifici di studio, insegnamento e ricerca dello IULM. Quindi noi non ci occupiamo dell’innovazione tecnica e tecnologica bensì di tutte quelle componenti di carattere soft – media, marketing, comunicazione, tematiche del consumo, turismo e valorizzazione del patrimonio culturale – che consentono una fruibilità più estesa dell’innovazione tecnologica. E’ noto che il successo di un brand di moda non è soltanto nelle caratteristiche del prodotto ma anche e forse soprattutto nella capacità evocativa di quel bene.
Si percepiscono dei vantaggi nel fatto di svolgere l’attività in una città come Milano?
Essere a Milano è un privilegio, è una fortuna. Non c’è un’altra città in Europa in questo momento storico che riesca a unire ricchezza d’impresa, ricchezza culturale, esperienza, pluralità di attività di ricerca, internazionalizzazione e apertura al mondo. Per questo stare a Milano è una fonte di vantaggio competitivo assoluto, una grande opportunità. Non a caso la Città è e rimane una capitale europea della moda, del design e lo è diventata anche del cibo, pur non avendo una propria tradizione enogastronomica forte, per lo meno rispetto ad altri distretti culinari del nostro paese. Una rete delle eccellenze italiane ha trovato in Milano il proprio centro, perché oggi il cibo non è solo un tema di qualità del prodotto (una precondizione necessaria) ma è un tema di costruzione di un’esperienza. Si tratta di farne una questione di life-style, quindi attraverso gli strumenti della comunicazione, del marketing, dell’antropologia culturale, nonché della psicologia e della sociologia dei consumi. E in questo Milano di nuovo eccelle.
La componente operativa/pratica dello IULM Innovation Lab è corredata anche dall’attività di ricerca?
Lo IULM Innovation Lab è partito unicamente attraverso le risorse finanziarie messe a disposizione dall’università. Non siamo ancora stati capaci di ottenere le risorse dagli enti istituzionali preposti a sostenere questo tipo di attività. Stiamo fortunatamente lavorando con il mondo delle imprese che iniziano a sostenere i nostri progetti e conforta che lo facciano perché in ciò vedono una convenienza in una prospettiva di mercato e non filantropico-mecenatistica. Desidero perciò ringraziare il Rettore, il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione della IULM, un’istituzione che gode in misura veramente molto limitata dei sostegni pubblici e che si alimenta dunque quasi unicamente attraverso le tasse degli studenti, che, sorprendentemente, non sono neppure deducibili sostanzialmente dal reddito delle loro famiglie. Adesso, partita l’attività operativa dell’incubatore, abbiamo iniziato a sviluppare anche progetti di ricerca, con il gruppo di studiosi che io ho la fortuna di poter coordinare. Abbiamo attivato i primi rapporti internazionali per poter partecipare ai bandi di gara sulle attività di ricerca. Inoltre i dati che cominciamo a raccogliere dall’esperienza dell’Innovation Lab ci consentono di iniziare a produrre le pubblicazioni per documentare la nostra esperienza.
A settembre è stato inaugurato un nuovo componente del campus IULM, cascina Moncucco. Un edificio storico del ‘600 contiguo all’Università, abbandonato e degradato, al quale la IULM, investendo anche proprie risorse finanziarie ha dato una nuova vita, questa volta per fortuna anche con il sostegno del settore pubblico - il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la Regione Lombardia, il Comune di Milano -. Possiamo considerarlo un esempio di quanto sia importante saper valorizzare le risorse preesistenti e traghettarle verso il futuro?
Assolutamente sì; solo vedendo che cosa è oggi la Cascina Moncucco in confronto con le fotografie di com’era prima si può capire l’importanza di quello che è stato fatto in una virtuosa cooperazione tra il pubblico e il privato, anche se con un grosso investimento finanziario da parte della nostra università: un’operazione veramente win-win per la nostra Milano in un quartiere difficile che grazie all’arrivo del campus IULM è stato rilanciato.
Quali vie di sviluppo si potrebbero prospettare o augurare allo IULM Innovation Lab?
La principale è quella di diventare un luogo dove tutti gli studenti e, mi piacerebbe, anche i professori della IULM, considerassero di passare un po’ del loro tempo. L’imprenditorialità ha bisogno della diversità e gli studenti ne sono una fonte importantissima. Quindi l’auspicio è che la IULM possa essere sempre più aperta e contaminata con la società, nell’attesa che l’attività dell’incubatore diventi parte integrante del percorso di ricerca, didattica e formazione di tutti i soggetti che sono protagonisti della vita della nostra università. Auspico inoltre una maggiore sensibilità dei soggetti istituzionalmente preposti al sostegno dello sviluppo economico e dell’occupazione, affinché destinino una pur piccolissima frazione delle per noi immense quantità di denaro da loro distribuite, anche a progetti proposti dal mondo delle università non statali, che, come si è visto, così tanto fanno per l’interesse pubblico generale senza gravare sulla spesa pubblica.
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