Museums and Stereotypes
Rubrica in collaborazione con la Fondazione Marino Marini di Firenze
Si è concluso da poco a Torino il corso Museums and Stereotypes. An international training school, organizzato da ABCittà in collaborazione con 4iS - Plataforma para a Inovação Social. La formazione, con docenti e destinatari internazionali, si è svolta presso diversi musei e organizzazioni culturali del capoluogo piemontese (Museo Egizio, Museo Lombroso, Polo del 900, Museo della Resistenza) allo scopo di far conoscere ai partecipanti anche alcune proposte sviluppate in ambito locale.
La scelta di occuparsi di stereotipi e pregiudizi nasce all’interno di un percorso di ricerca, costruito soprattutto attraverso la pratica, che ABCittà porta avanti da anni, nel solco di un’esperienza da sempre dedita alla progettazione partecipata: è il lavoro svolto attraverso Biblioteca Vivente (uno strumento per favorire la messa in discussione di stereotipi e pregiudizi che, ispirato ad un noto format danese, la cooperativa ha riformulato nella metodologia e negli approcci) così come la diffusione recente di un kit anti-stereotipo liberamente scaricabile online e descritto qualche settimana fa proprio su queste pagine.
L’idea di accostarsi al tema anche da un punto di vista prettamente museologico è nato dalla volontà di offrire strumenti e competenze professionalizzanti capaci di agire anche a livello organizzativo, e non soltanto personale.
Quello degli stereotipi è un tema sempre più al centro del dibattito internazionale che interroga, innanzitutto, i rischi legati alle informazioni semplificate o scorrette veicolate dai media e associate a gruppi erroneamente percepiti come omogenei; bias (ovvero gli inganni cognitivi) che interessano anche il museo, a partire dalle scelte interpretative del patrimonio, carenti di un approccio capace di interrogare il sistema nella sua interezza rispetto a diverse questioni associate all’identità quali genere, provenienza culturale, abilità, educazione, sessualità, credo politico e religioso.
Non è solo questione di accessibilità e di conseguenza di barriere, ma chiari pregiudizi, il più delle volte inconsapevoli, che limitano una narrazione articolata della diversità che realmente ci circonda.
Del resto, se la riflessione su stereotipi, pregiudizi, parole corrette è sempre più spesso oggetto di un’indagine interdisciplinare anche nel nostro Paese, bisogna comunque riconoscere la mancata consapevolezza, anche in ambito culturale, dei bias associati alle rappresentazioni e delle modalità per tutelare il rispetto delle differenze.
L’intuizione che ha permesso lo sviluppo del corso Museums and Stereotypes, del resto, è nata dalla pratica museale diretta e dal confronto fra progetti inclusivi rivolti a pubblici differenti: dal coinvolgimento dei migranti alle persone con disabilità, dagli adolescenti agli anziani, la constatazione evidente che ne è emersa ha permesso di osservare come le persone a maggiore rischio di esclusione, il più delle volte assenti nella rappresentazione museale e allo stesso modo fra i destinatari del museo, spesso vanno incontro a meccanismi di stereotipizzazione.
Come i musei possano cercare di contrastare il diffondersi di stereotipi attraverso indicazioni critiche, calibrate su diversi ambiti di azione (dalla gestione del personale alle attività educative, dalla curatela alla gestione) è stato dunque il primo interrogativo al quale il corso ha cercato di rispondere, prendendo in considerazione anche i pericoli associati a un’adozione eccessivamente rigida delle stesse.
In questo senso, la collaborazione con 4iS - Plataforma para a Inovação Social, organizzazione portoghese nata all’interno dell’Università di Aveiro, ha costituito un elemento di forza, permettendo di articolare il confronto a partire dal lavoro svolto con organizzazioni culturali diverse e portato avanti nei rispettivi Paesi.
La partnership fra ABCittà e 4iS è nata alcuni anni fa all’interno del programma Tandem Europe, da uno scambio di pratiche e competenze sul fronte dell’innovazione museale: il corso di Torino ha permesso di approfondire ulteriormente un’indagine già avviata su temi di affine rilevanza sociale.
Il confronto internazionale, sempre necessario, in questo caso si è rivelato particolarmente utile a una comprensione ancora più articolata del fenomeno, confermando la necessità di operare valutazioni complessive dell’esperienza museale sempre nella cornice storica dei propri contesti. Le scelte di ogni museo, infatti, non potranno che svilupparsi a partire da una consapevolezza culturale che, in ogni paese, guida differentemente percezioni e i confini.
In questo senso, il corso ha cercato di ampliare le cornici di riferimento concettuale dei partecipanti a partire da interrogativi di tipo personale, per poi articolare proposte che attraverso il confronto con esperti diversi (per provenienza geografica, disciplinare e metodologica) permettessero di comprendere premesse e strumenti necessari all’adozione di scelte efficaci anche a livello organizzativo.
Incontri frontali e declinazioni pratiche, insistendo su interrogativi di sostenibilità e di azione reale, hanno permesso di sperimentare approcci utili anche a coloro che a loro volta si occupano di formazione.
Il percorso si è così articolato in un ricco caleidoscopio di proposte facilitate da:
- il confronto con i musei (dall’impegno in prima persona del direttore del Museo Egizio Christian Greco, che ha condiviso con i corsisti metodi e domande, alle scelte controcorrente del Museo della Resistenza raccontata da Guido Vaglio, fino alle pratiche di curatela del Museo Lombroso nelle parole di Cristina Cilli) e alcuni luoghi della città attivi su temi di cittadinanza (Polo del 900, Bagni Pubblici di via Agliè, Bagni Municipali di San Salvario);
- l’approfondimento dei casi di studio e degli strumenti (dal progetto Antirumor sviluppato da Daniel De Torres a Barcellona, all’esperienza di scalabilità del modello di #iorispetto promosso, fra gli altri, da C.I.F.A. onlus e ICEI a Milano e Torino, fino al ruolo degli artisti come nel caso della londinese Barbara Asante);
- il contributo specifico dagli esperti museali che indagano la materia specifica (Nicole Moolhuijsen per ciò che riguarda la rappresentazione delle questioni LGBT al museo e la stessa ABCittà);
- i workshop dei progettisti esperti di design thinking (João Pedro Rosa di 4iS e Remo Ricchetti di NABA).
Abbiamo lavorato su concetti spesso scomodi, anche perché diversamente compresi e interpretati nei diversi contesti culturali di provenienza dei partecipanti: dal concetto di “politicamente corretto” alle questioni di genere e leadership; dagli assunti - tutti da negoziare - dello sguardo post-coloniale alla consapevolezza dei propri personali cliché; dalla coscienza della fragile scelta delle parole alla condivisione di un’idea di “diversità culturale” da spogliare di ogni retorica.
Il campo di lavoro è certamente complesso e interdisciplinare e, a posteriori, alcuni assunti che pensavamo condivisi “universalmente” ci appaiono oggi ancora da metabolizzare; la diversa provenienza dei partecipanti (dal Pakistan al Canada, dall’Olanda al Portogallo, senza dimenticare gli italiani) ha consentito di approfondire un’indagine che non potrà mai dirsi conclusa, in costante evoluzione rispetto a una progressiva attenzione al tema, così come ai linguaggi che lo sostanziano.
L’ambizione è ora quella di realizzare nuove edizioni del corso, anche per ampliare una rete internazionale di professionisti e studenti che, in ruoli diversi, sappiano adoperarsi sul fronte della messa in dubbio di quel che troppo spesso al museo diamo per scontato: perché anche la tentazione di assecondare solo quelli che già la pensano come noi può essere un tranello, al pari della ragione affidata sempre alla maggioranza.
© Riproduzione riservata