Il segreto del mio successo? Goupil
Rovigo. Più che una scuderia, come era stata definita all’epoca, era una scuola di artisti: si tratta della Maison Goupil, fondata a Parigi da Adolphe, insieme al mercante tedesco Henri Rittner, nel 1829, e operativa, con diverse filiali europee e statunitensi, fino al 1919.
Ben introdotta negli ambienti del Salon, ma attiva anche nella promozione degli impressionisti, la Maison era un punto di riferimento imprescindibile per gli artisti italiani, e non solo, che soggiornavano nella capitale francese, ai quali offriva un contratto generoso e, soprattutto a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento, la diffusione delle loro opere, grazie a un sistema moderno di riproduzione fotografica o a stampa. In cambio suggeriva di fare qualche concessione al gusto prevalente. Motivo, questo, del probabile attrito, con rescissione del contratto, tra la Maison e De Nittis. La mostra «Il successo italiano a Parigi negli anni dell’Impressionismo: la Maison Goupil» (catalogo Silvana Editoriale), dal 22 febbraio al 23 giugno a Palazzo Roverella, spazio espositivo di proprietà del Comune di Rovigo, affidato in gestione alla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, ripercorre questa interessante storia, grazie alle ricerche che il curatore, Paolo Serafini, ha condotto per anni negli archivi del Museo Goupil di Bordeaux e in quelli del Getty Research Institute di Los Angeles. In questo modo è stata ricostruita la mappa delle opere comprate dai collezionisti di tutto il mondo. Caso esemplare è quello di Giovanni Boldini, presente con una ventina di quadri, alcuni rinominati e non più esposti da molto tempo. Tra le opere riscoperte, anche «Enfin… Seuls!» di Edoardo Tofano, una vera icona della Maison in collezione privata, non più esposto da sessant’anni, o «Un matrimonio in Basilicata» di Giacomo Di Chirico, proveniente dal Messico, acquistato alla Promotrice di Napoli nel 1877 da Goupil, che lo fece esporre a Parigi e successivamente in altre capitali europee, ma che da allora non è più stato visto. Tra i cento artisti italiani presenti negli inventari figurano nomi famosi come Giuseppe De Nittis con «La strada da Napoli a Brindisi», opera molto apprezzata nel Salon del 1872;Antonio Mancini con il «Saltimbanco» dal Philadelphia Museum; Domenico Morelli con «Cesare Borgia a Capua», affiancato dalle relative incisioni, oltre al già citato Boldini.