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Il museo è di tutti. Una proposta

  • Pubblicato il: 15/04/2018 - 09:04
Rubrica: 
MUSEO QUO VADIS?
Articolo a cura di: 
Anna Chiara Cimoli e Francesco Mannino

Qualcosa succede nel mondo dei musei: e non solo in campagna elettorale. Da una riflessione sui recenti episodi che hanno visto protagonisti alcuni musei italiani, Anna Chiara Cimoli e Francesco Mannino lanciano il progetto “Il museo è di tutti”, una chiamata all’azione per la realizzazione e la messa in rete di progetti che testimoniano la vocazione aperta, libera e interculturale di ogni museo.
Rubrica di ricerca in collaborazione con il Museo Marino Marini
 
Questa riflessione è nata a caldo il giorno in cui abbiamo capito – o perlomeno intuito – quello che stava succedendo a Lecce, quando fuori dal museo Sigismondo Castromediano è comparso uno striscione firmato Casa Pound su cui si leggeva: “"Nel museo gli immigrati, per strada gli italiani disoccupati!".
Allo striscione ha fatto seguito una dichiarazione a firma di Matteo Centonze, responsabile di Casa Pound Lecce: “Troviamo grottesca questa scelta della Regione, peraltro in una terra con un tasso di disoccupazione altissimo come la Puglia. I fondi devono essere destinati a progetti di assunzione di laureati in Storia dell’arte, Archeologia e altre materie equipollenti sempre nello stesso museo o per la formazione e l’inserimento di italiani disoccupati e inoccupati di lunga durata”.
Era gennaio, appena alla vigilia della conferenza stampa che presentava il progetto “Musei accoglienti”, finanziato dalla Regione Puglia-Assessorato all’Industria Turistica e Culturale attraverso il Teatro Pubblico Pugliese e gestito da ECCOM, Swapmuseum e CIR-Consiglio Italiano per i rifugiati. Si era in campagna elettorale, una campagna che ha visto nell’immigrazione un tema più che mai controverso, che ha fatto sensibilmente alzare la temperatura del dibattito. Di lì a pochi giorni la conversazione fra Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, e Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, andata a chiedere conto del progetto “Fortunato chi parla arabo”, avrebbe occupato molto spazio sulla stampa e sui social media, portando quel museo alla ribalta sullo sfondo di un discorso politico polarizzato e rigido, appiattito su pochi slogan reiterati all’infinito (“Ma lei lo sa che in Egitto ci sono 15 milioni di copti?”, cercava di suggerire Greco a un’interlocutrice non proprio in vena di cavilli).
Ma torniamo a Lecce. “Musei accoglienti” nasce per favorire quel “vivere insieme in pari dignità” che dà il titolo al Libro Bianco sul Dialogo Interculturale del Consiglio d’Europa, partendo dalla leva della partecipazione alla vita culturale di un territorio, di una città. Il progetto va dunque nella direzione dell’empowerment degli operatori e dei cittadini con una storia di migrazione, e vede nel museo il luogo adatto per questa sperimentazione. Scendendo più nello specifico, gli obiettivi riguardano anche la messa a sistema di strumenti di analisi delle diverse pratiche locali, la costruzione di una rete di momenti di formazione di respiro internazionale, lo sviluppo di narrazioni intorno agli oggetti delle collezioni.
Questa la traccia di fondo di “Musei accoglienti”,  che vuole nel tempo costruire un’identità condivisa, “certificata” dal marchio del progetto. I musei di Lecce e di Brindisi sono oggetto della prima fase della sperimentazione, che parte da un’analisi del contesto per proseguire con la formazione degli operatori, e si concentra sull’interpretazione attraverso il rafforzamento e la moltiplicazione delle narrazioni che mediano i contenuti dei vari istituti coinvolti (storytelling digitale, narrazione grafica, econarrative e altro ancora). Entro questa cornice i migranti, insieme agli operatori museali e agli studenti dell’Università del Salento, co-progettano nuove narrazioni e forme di mediazione, che arricchiscono il bagaglio di sguardi di ogni istituto. Non rubano il lavoro a nessuno. Come sottolinea Francesca Guida di ECCOM, si tratta di una strategia culturale che auspica a mettere a sistema su scala regionale una riflessione sull’audience engagement ancora discontinua, nonché a influire in modo duraturo sulle policies locali. Punto di forza sono le tante realtà territoriali, a volte minute, già operative, fili di un tessuto che intreccia operatori culturali e sociali in una logica di co-design e di reciproco potenziamento.
 
Quando abbiamo visto il Castromediano e il progetto tutto sotto attacco, ci siamo chiesti che cosa fare: gesti magari piccoli, ma non “frammentari”, perché immersi dentro un tessuto che sappiamo essere vitale e resistente, e che immaginiamo come un argine contro le derive razziste, che proliferano nel silenzio e nel vuoto.
Nasce così “Il museo è di tutti”, un progetto nato dalla passione civile e dalla voglia di costruire quell’argine comune. È una proposta aperta e flessibile, una chiamata alla costruzione comune di nuove azioni. Non vuole essere l’ennesima progettualità che si somma alle mille altre già in essere, ma una piattaforma di raccolta di esperienze e di potenziamento dell’esistente.   
 
I musei sono nodi di una rete complessa. Sono soggetti e oggetti. Non possono essere neutrali, perché nessun discorso lo è mai. Possono però educare, far riflettere, intraprendere azioni, incidere sul territorio, lavorare con le persone giovani e quelle anziane. Possono proporre e poi ascoltare, in una spirale che difende dal pensiero facile, dall’automatismo del giudizio affrettato, dal pregiudizio.
Ecco, dunque, la proposta: ogni museo che ha la possibilità di farlo progetti e realizzi un’azione volta a promuovere la diversità culturale e a ribadire che il museo, come ha detto Christian Greco, “è di tutti”.
Le azioni potranno essere di qualunque tipo, piccole o grandi. Le mapperemo tutte e le pubblicheremo sul blog Museums and Migration, che già da tempo raccoglie le pratiche museali dedicate alla riflessione sulle migrazioni, e più in generale sull’”altro”.
Di quali azioni si potrà trattare? Per esempio workshop di lingua italiana al museo, visite con il direttore/la direttrice dedicate ai migranti o, meglio ancora, a gruppi misti di cittadini, riflessioni curatoriali su oggetti delle collezioni con un focus sulla loro interpretazione, progetti in collaborazione con le scuole finalizzati alla mediazione per pubblici diversi, revisioni dei testi di sala e delle didascalie, riletture degli allestimenti che mettano in risalto gli “oggetti migranti”, azioni di conoscenza del territorio da parte del museo (nelle scuole, negozi, centri culturali, spazi pubblici, parchi, carceri...), percorsi di visita che diano voce a persone che di solito non prendono la parola, e più in generale il lavoro editoriale e scientifico tutto. 
È una chiamata all’azione che vuole contribuire a tessere un tessuto capillare, solido, che non ceda al primo strappo, che ribadisca che i musei sono di tutti i cittadini e che vogliono parlare a tutti, senza differenze. Chiediamo ai musei che aderiranno di scriverci, raccontandoci la loro iniziativa, a:
[email protected]
 
Noi vi manderemo il logo della campagna e vi chiederemo di segnalare la vostra adesione in ogni comunicazione. Costruiremo una mappa dinamica dei progetti, li osserveremo, li racconteremo dalle pagine del blog. Ogni contributo (articoli, riflessioni, bibliografia, attività redazionale, etc) sarà il benvenuto.
 
Anna Chiara Cimoli, museologa, è socia di ABCittà, Milano. Francesco Mannino è presidente di Officine Culturali, Catania. Entrambi collaboratori del “Giornale delle Fondazioni”, riflettono a distanza e in presenza sul potenziale dei musei entro società caratterizzate da una crescente diversità culturale.
 
 
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Ph: Garap, Michele Galluzzo e Claudia Polizzi.