Fondazioni di impresa per i giovani
Le fondazioni di impresa costituiscono un'opportunità per i giovani, la «fascia debole del mercato del lavoro». E' ciò che emerge da uno studio che Fondazione Bracco insieme ad altre 7 fondazioni di impresa (Fondazione Accenture, Fondazione Adecco per le pari opportunità, Fondazione De Agostini, Enel Cuore, Umana mente, UniCredit Foundation, Fondazione Vodafone) ha commissionato all'Istituto per la Ricerca Sociale.
I risultati preliminari sono stati presentati l'11 febbraio al Senato. La ricerca completa sarà illustrata ufficialmente il 20 maggio presso il Padiglione Italia di Expo.
Qualche dato di contesto. La difficoltà di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro si colloca in un Paese anziano: secondo i dati del Censis, in Italia la fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni è pari al 22,9% della popolazione, contro la media europea del 25,7% e al di sotto di Spagna, Regno Unito, Francia e Germania. Dunque i giovani sono una risorsa scarsa, ma ciò nonostante dal 2007 al 2013 i giovani occupati sono diminuiti del 59% - nel totale dei Paesi UE il 30% - e nel 2013 i giovani in cerca di lavoro erano il 15% contro il 12% della media UE.
Una della principali cause rilevate è il «mismatch» tra competenze acquisite dai giovani e quelle domandate dalle imprese, ciò che il Presidente dell'XI Commissione Permanente per il lavoro e la previdenza Sacconi definisce il «disastro educativo italiano» provocato dalla separazione tra scuola e mondo del lavoro, tra apprendimento teorico e apprendimento pratico: in effetti, sempre secondo il Censis, oltre un quarto dei neolaureati italiani occupati, a tre anni dal conseguimento del titolo, è impegnato in un’attività lavorativa per la quale il possesso della laurea è non necessario formalmente o addirittura eccessivo per le concrete mansioni che è chiamato a svolgere. E, d'altra parte, si assiste anche ad una bassa scolarizzazione: 23% di laureati contro il 36% della media UE.
Se poi si analizza la posizione dei giovani in merito alle prospettive lavorative, emerge che la propensione ad avviare un’attività imprenditoriale è pari al 38,6 % (39,7 in Germania, 54,7 nel Regno Unito, 56 in Francia e 62,5 in Spagna) e che la ragione è che «è troppo complicato avviare un'impresa». Per contro si registra un aumento pari al 9% della ricerca di stabilità/sicurezza del posto di lavoro (Dati Alma Laurea riferiti al periodo 2007-2013), mentre l'acquisizione di professionalità come fattore rilevante per trovare lavoro è diminuita del 6%.
Questo scenario produce effetti di lungo periodo che hanno ricadute sia individuali che collettive: se un giovane impiega troppo tempo per entrare nel mondo del lavoro, avrà meno contributi pensionistici, ma nemmeno li potrà dare all'intero sistema, con evidente impatto sulle prospettive di crescita.
In una situazione in continuo cambiamento dalla quale non sono ancora emersi quadri di riferimento stabili e generalizzati, lo studio IRS mette in evidenza che le fondazioni di impresa si rivelano attori strategici per sostenere i giovani ad affrontare le sfide del mondo del lavoro, mettendo in campo progetti e finanziamenti, in misura compensativa ed integrativa degli interventi pubblici.
L'oggetto di indagine, come illustra Manuela Samek Lodovici, Direttore Area Mercato del lavoro e sistemi produttivi IRS, è costituito da 48 fondazioni di impresa e famiglia, di cui 36 nel Nord Italia, 11 al Centro e 1 al Sud dalle quali emergono ben 172 progetti attivati (92 al nord). Grazie a queste fondazioni, nel triennio 2011-2014 oltre 40.000 giovani hanno potuto beneficiare, direttamente o indirettamente, di circa 45 milioni di euro, senza contare altre risorse non contabilizzate (come ad esempio consulenza a giovani che vogliono creare impresa o spazi in cui svolgere attività di sperimentazione di nuove tecnologie). Gli importi annui sono in costante crescita e per alcune fondazioni esistono impegni futuri che superano il milione di euro. Il 40% dei giovani beneficiari è costituito da studenti, il 28% da giovani svantaggiati e/o in disagio; il 23% da «eccellenze», il 14% da disabili. Le risorse destinate ai giovani costituiscono un terzo dei finanziamenti erogati dalle fondazioni di impresa e, nel periodo di crisi, le fondazioni hanno prevalentemente preferito rimodulare le risorse piuttosto che contrarle.
Diverse le tipologie dei progetti: in primis incubazione d'impresa e start-up, seguite, nell'ordine, da sostegno economico con borse di studio, inclusione scolastica, alta formazione, educazione sociale, tirocini aziendali, orientamento scolastico e formativo, attività ludico-ricreative, formazione professionale.
Inoltre si tratta di progetti consolidati, in molti casi attivi da qualche anno e facilmente replicabili (circa un terzo saranno in corso anche nei prossimi anni).
Alcune iniziative prevedono metodologie formative innovative, come interventi di esperti del settore artistico e culturale e coinvolgimento di eccellenze nazionali ed internazionali in vari ambiti.
Emerge poi che le fondazioni nella maggioranza dei casi hanno agito in partnership con le istituzioni pubbliche, il terzo settore ed il settore formativo, consapevoli che le loro azioni si inseriscono in contesti più ampi in cui operano diversi attori.
Qualche nota negativa: la difficoltà a fare rete, la rigidità burocratica che in particolar modo rallenta la creazione di nuove imprese da parte di giovani, la carenza di sistemi di monitoraggio e valutazione, la scarsa visibilità e comunicazione.
Le fondazioni di impresa forniscono senza dubbio un importante contributo alla crescita del «vivaio», soprattutto perché agiscono con un approccio multidimensionale, intervenendo in modo personalizzato e mirato per target e territori su problematiche che vanno dalla dispersione scolastica all'alta formazione. La scelta di commissionare l’indagine sottolinea che le fondazioni sono propense a mettersi in gioco per capire in che modo possono aumentare efficacia ed efficienza delle proprie attività a vantaggio del futuro professionale del mondo giovanile e ad individuare linee guida strategiche per predisporre azioni in un'ottica futura.
Fondazione Bracco, ad esempio, ha dato vita al progetto «Diventerò - Fondazione Bracco per i giovani», iniziativa pluriennale che mira a rafforzare il legame tra formazione e mondo del lavoro e ad accompagnare i ragazzi di talento nel loro percorso professionale aiutandoli a sviluppare anche le cosiddette «soft skills». E Diana Bracco, presidente dell'omonima fondazione, si augura che la concretezza che ciascuna fondazione esprime nei propri programmi «serva anche ad essere un catalizzatore per le attività del governo, come ad esempio per implementare il programma Garanzia Giovani - il Piano Europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile - partito in Lombardia ma che deve diventare corale».
La sfida per le fondazioni di impresa è dunque quella di identificare nuovi modelli di formazione in uno scenario in continua trasformazione e di aiutare i giovani ad orientarsi in maniera critica nella realtà complessa in cui vivono, sperimentando «anche strade nuove, creative e innovative» come sottolinea Alberto Castori, ricercatore Censis. E la sfida è anche per gli operatori culturali: dialogare con altri ambiti e cogliere l'opportunità di giocare un ruolo rilevante anche oltre il loro stretto ambito di riferimento.
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