Fondazioni culturali fra rapporto pubblico/privato e fiscalità
Non è un caso che l’ultimo nato, il D.L. “Valore cultura” 8 agosto 2013, n. 91 (Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo), convertito in legge 112 7/10/13, all’art. 12 (Disposizioni urgenti per agevolare la diffusione di donazioni di modico valore in favore della cultura e il coinvolgimento dei privati), disponga che il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo «individui, in coerenza con l'articolo 9 della Costituzione, sulla base della legislazione vigente e alla luce delle indicazioni fornite dalla commissione di studio già costituita presso il Ministero, forme di coinvolgimento dei privati nella valorizzazione e gestione dei beni culturali».
Un coinvolgimento – quello dei privati - sempre più agognato (il ripetersi del temine “urgenti” è emblematico), e non solo perché i fondi pubblici hanno un trend decrescente. In linea generale si è compreso che il privato per la cultura (l’art. 12 specifica “nella valorizzazione e gestione”) può rappresentare una risorsa; si tratta di cambiare i filtri cognitivi e sperimentare inedite forme di collaborazione. A distanza di 20 anni dalla legge Ronchey, le considerazioni da svolgere oggi in merito alle “forme di coinvolgimento” sono di varia natura: da un lato si guarda alle positive esperienze straniere, anglosassoni in particolare, dall’altro si rimette sul piatto la leva fiscale. Guardando la tipizzazione del caso italiano possiamo affermare che nessuna delle due iniziative riuscirebbe, da sola, a suscitare risultati positivi, neppure nel breve termine. Nel primo caso perché nel nostro paese manca quel substrato storico/culturale alimentatosi nel tempo secondo cui il cittadino cresce sentendosi responsabile del patrimonio artistico e della produzione culturale, semplicemente perché di “queste cose” se ne occupa lo Stato (come a lungo è stato letto il termine “Repubblica” del citato articolo 9). Senza peraltro che lo stesso Stato si sia pre-occupato di sensibilizzare lo stesso cittadino-contribuente in merito al rapporto tasse pagate/patrimonio tutelato-promosso, alimentando quanto meno se non una relazione fiduciaria, un nesso sinallagmatico. La leva fiscale poi, peraltro decrescente negli anni per le persone fisiche (l’“individuale collettivo” su cui puntare, alla sequela anglosassone), non rappresenta isolatamente uno strumento capace di “fare la differenza”. E ciò non tanto perché quello che può essere concesso al benefattore in termini percentuali, anche spingendosi dall’attuale 19% di detrazione Irpef a percentuali maggiori, o addirittura integrali, deve in genere trovare una paritetica copertura, quanto perché una donazione è il frutto di una scelta consapevole, fatta maturare nel tempo. Nella conversione del decreto 91, oggi Legge 112 7/10/13, si parla di donazioni super semplificate che sono passate da euro 5.000= a euro 10.000= effettuabili senza oneri amministrativi a carico del privato, con la garanzia della destinazione indicata dal donatore e con la piena pubblicità delle donazioni ricevute e del loro impiego. E’ troppo presto per valutare gli effetti di questo strumento, mentre ancora valgono le considerazioni esposte sopra in merito ad una cultura di fiscalità consapevole a favore della cultura.
Certo anche noi abbiamo casi esemplari come gli “Amici degli Uffizi”, con migliaia di associati e una sede americana che raccoglie e trasferisce i fondi al museo fiorentino. Ma se si escludono i grandi attrattori, quei siti cioè talmente conosciuti e per i quali si realizza una vera e propria “identificazione” con un’opera celebre (viene ridotto al minimo il c.d. primo accesso), la percentuale più alta del patrimonio artistico italiano si identifica con i territori e soffre di conseguenza una crisi di “legittimazione”, che non si può curare con la sola leva fiscale. Non esistono soluzioni facili, piuttosto è fondamentale avviare e consolidare un percorso di educazione alla fiscalità per la cultura, impegnandosi i beneficiari per primi nella cultura della accountability e della trasparenza.
In questo senso e alla luce delle puntuali osservazioni svolte nella prima parte da Toti S. Musumeci, può essere utile un quadro sintetico sull’inquadramento fiscale nell’ambito del patrimonio storico/artistico che evidenzi gli strumenti a disposizione in attesa della “new entry fiscale” sopra citata, positiva sotto il profilo di una sburocratizzazione complessiva e della pubblicità a favore del donante.
1) Il Private fund raising: le erogazioni liberali delle persone fisiche
Le liberalità” – latu sensu - rappresentano qualsiasi “arricchimento conseguito a titolo gratuito dal soggetto beneficiario ad opera della beneficenza o filantropia di una persona fisica”.
La fonte da cui queste traggono origine pertanto è, tipicamente, la volontà del soggetto erogante (animus donandi). Sono detraibili secondo il criterio di cassa (vale l’anno del pagamento).
Modalità di versamento erogazione liberale
Il versamento delle somme erogate deve essere eseguito(Risoluzione 441/E del 17.11.2008):
- tramite banca o ufficio postale
- attraverso carte di credito
- carte prepagate/ assegni circolari, etc.
Non sono detraibili le erogazioni liberali effettuate in contanti, in quanto non offrono sufficienti garanzie.
2) Il Corporate fund raising: le erogazioni liberali delle imprese
Trattasi di oneri ad utilità sociale corrisposti ai sensi Art.100 co.2, lettere f), g), h) e m) TUIR, ovvero quando la dazione di somme in denaro o valori in natura affluenti ad una entità no profit a carattere culturale non avvenga in dipendenza di un rapporto sinallagmatico di tipo corrispettivo - vale a dire a fronte di cessione di beni e/o prestazione di servizi – quanto piuttosto a titolo di sostenimento di un’attività di interesse collettivo e in difetto del requisito dell’inerenza per l’impresa erogatrice.
Decreto competitività” L.80/2005
In merito alle erogazioni liberali in denaro effettuate a favore delle O.N.L.U.S., delle APS, fondazioni e associazioni riconosciute aventi per oggetto statutario la tutela, promozione e valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico e paesaggistico di cui al D.Lgs 42/2004, sia per le persone fisiche che per le imprese le erogazioni liberali effettuate in denaro o in natura sono deducibili dal reddito complessivo dichiarato a condizione che sia rispettato il duplice limite quantitativo rappresentato:
- dal 10% del reddito complessivo dichiarato;
- dall’importo massimo di euro 70.000= annui.
Il soggetto beneficiario deve tenere le scritture contabili, complete e analitiche, rappresentative dei fatti di gestione; redigere, entro 4 mesi dalla chiusura dell’esercizio, un apposito documento rappresentativo della situazione patrimoniale, economica e finanziaria, che la Circolare n. 39/E del 19.8.05 indica nel bilancio corredato dalla relazione sulla gestione.
In caso di inadempimento degli obblighi previsti da parte del soggetto beneficiario, il donante decade dal beneficio fiscale.
Articolo 120 Codice BB.CC. (Sponsorizzazione di beni culturali)
E' sponsorizzazione di beni culturali ogni contributo, anche in beni o servizi, erogato per la progettazione o l'attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l'immagine, l'attività o il prodotto dell'attività del soggetto erogante. 2. La promozione di cui al comma 1 avviene attraverso l'associazione del nome, del marchio, dell'immagine, dell'attività o del prodotto all'iniziativa oggetto del contributo, in forme compatibili con il carattere artistico o storico, l'aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare, da stabilirsi con il contratto di sponsorizzazione.
3. Con il contratto di sponsorizzazione sono altresì definite le modalità di erogazione del contributo nonché le forme del controllo, da parte del soggetto erogante, sulla realizzazione dell'iniziativa cui il contributo si riferisce.
DECRETO DICEMBRE 2012 MIBAC – Sponsorizzazioni
Sponsorizzazioni (art. 199-bis del Codice dei contratti pubblici)
Possono essere stipulate dalle Amministrazioni pubbliche:
- sponsorizzazione tecnica, in cui lo sponsor si obbliga a proprie spese a progettare e a realizzare in tutto o in parte l’opera;
- sponsorizzazione pura, dove lo sponsor si impegna, anche mediante accollo, a pagare i corrispettivi dovuti dalla pubblica amministrazione per i relativi appalti;
- sponsorizzazione mista, in cui lo sponsor può agire combinando le prime due modalità.
Spese di pubblicità e di propaganda (Art. 108, comma 2 TUIR)
Tali spese, in genere non gratuite, sono conseguenti alla stipula di un contratto sinallagmatico tra due parti, col quale una di esse si obbliga a pubblicizzare e/o propagandare il prodotto, il marchio, i servizi, o comunque, l’attività produttiva dell’altra che, a sua volta, si impegna ad una prestazione in denaro o in natura quale corrispettivo della prestazione ricevuta (Ris. Min. 17/9/1998 n. 148/E).
à Le spese di pubblicità sono totalmente deducibili ed il contribuente ha facoltà di scegliere tra:
- deduzione totale nell’esercizio di sostenimento del costo
- ripartizione in 5 esercizi in quote costanti (20% della spesa per ogni esercizio considerato)
Spese di rappresentanza (Art. 108, comma 2 TUIR)
In linea di massima sono tali le spese dirette a promuovere e consolidare il prestigio dell’impresa. Sono considerate tali le spese effettivamente sostenute per erogazioni a titolo gratuito. Ciò che le distingue dalle spese di pubblicità è la gratuità ovvero la mancanza di un corrispettivo o di uno specifico obbligo di dare o di fare a carico dei destinatari.
Criticità
Ai fini dell’inquadramento delle spese di sponsorizzazione tra le spese di pubblicità, con recente sentenza (n. 53/02/12 del 21/2/2012, C.T.P. di Lecce), i giudici di merito hanno stabilito la legittimità della integrale deduzione nell’anno di sostenimento (ovvero in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi), attesa la sussistenza di un “legame logico tra l’attività dell’azienda sponsorizzante e la promozione dedotta”, che costituisce, appunto, condizione per la deducibilità.
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IRENE SANESI è Presidente Commissione «Economia della Cultura» UNGDCEC, Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili