E’ veramente iniziata una rivoluzione copernicana della Cultura?
MILANO. Giovedì 24 febbraio, secondo Summit Arte&Cultura del Gruppo Sole24Ore.
Tre i focus generali che hanno dato struttura alle tavole rotonde, avvicendatesi nella lunga giornata: Cultura e Impresa, Investire nell’arte, Industria Culturale.
L’appuntamento non si è sostanziato solamente in opportunità di aggiornamento, incontro e formazione, ma piuttosto in una forte e declamata presa di posizione programmatica di fronte al mondo istituzionale nazionale, salutata venerdì da una lettera al quotidiano a firma congiunta di tre Ministri: Cultura, Sviluppo e Istruzione.
Si sta per avviare il ciclo economico dei Beni Culturali? E’ Armando Massarenti, Direttore del «Domenicale», a leggere i 5 punti fondamentali del Manifesto per la cultura.
Il primo: «Niente cultura, niente sviluppo» ovvero la proclamazione di una costituente, con riferimento esplicito all’Articolo 9 della Costituzione, tanto sottovalutata in passato, perché la Cultura, intesa come educazione, istruzione, ricerca scientifica, conoscenza in senso ampio innervino le strutture portanti del Paese, sino all’economia.
L’azione deve necessariamente guardare su lungo periodo e basarsi sulla cooperazione dei Ministeri, sull’arte e sulla cultura scientifica, sul dialogo virtuoso fra settore pubblico e privato con una politica di sgravi e incentivi fiscali di investimento nel settore.
Qualcosa sta cambiando: «è in corso una rivoluzione di paradigmi » secondo il Presidente della nuova Fondazione di Confindustria - Industria e Cultura, Patrizia Asproni, che pur rilevando la significatività del varo del Manifesto sul quotidiano dell’Associazione, richiama l’attenzione sugli appuntamenti internazionali che continuiamo a perdere: «nell’Ottavo Programma Quadro lanciato dall’Unione Europea per la ricerca e innovazione, che mette in campo risorse per 83miliardi di Euro, è stata esclusa la Cultural heritage, per la quale l’Italia vanta un primato sul Mondo. Questo ci penalizza e priva di opportunità».
Per costruire un dialogo, bisogna ripartire dai codici e linguaggi, e favorire il mondo dell’Impresa con normative che incentivino la promozione della Cultura.
Nella prima tavola rotonda eccellenti casi si avvicendano fra Associazioni e Fondazioni private, come la Venice Foundation attiva dal 1996 che pratica il micro-mecenatismo, e la Fondazione Bracco, che promuove studi su come la Cultura favorisca il benessere fisico, l’aspettativa di vita e il welfare, e Imprese, come Eni, Telecom e Cariparma-Crédit Agricole che hanno individuato nella Cultura un tool strategico per la propria costruzione di identità d’Impresa, reputazione e responsabilità sociale.
Il piano normativo attuale in materia di sponsorizzazioni ed erogazioni liberali a favore della Cultura, è percorso dall’Avv. Carlo Montagna dei Partner Bonelli Erede Pappalardo, studio che ha recentemente seguito il caso della sponsorizzazione Tod’s sul Colosseo. Attraverso il racconto del recente caso del Bando Ministeriale per il Colosseo, è evidenziato il problema del «cavillo» normativo: la pesantezza della macchina legislativa deve snellirsi, unitamente alla semplificazione dei linguaggi.
Occhi sono puntati sul Sottosegretario di Stato al Mibac, Arch. Roberto Cecchi : «un tecnico prestato alla politica», che dando completa adesione alla Costituente per la Cultura , richiama i dati noti, ma sempre impressionanti sul nostro Patrimonio collettivo, sui quali riflettere: 5000 beni sparsi su tutto il territorio, dei quali 424 sono i Musei d’arte, seguiti da parchi archeologici, altri musei e proprietà. Di circa 37 milioni di visitatori, il 50% si concentra su otto musei. È dunque fondamentale tornare al territorio: il nostro Patrimonio è a maglia e diffuso e va valorizzato in tutti i suoi aspetti. La politica non può destinare solo lo 0,19% del PIL a questo settore.
A supporto del dialogo possibile fra Impresa e settore Pubblico, arriva uno studio di Astarea e the Round Table, commissionato per il 24 Ore Cultura Gruppo Sole 24 ORE, presentato dai due coordinatori Francesco Moneta e Laura Cantoni.
La ricerca, definita «instant», si è strutturata in due azioni complementari: un forum di una settimana con la partecipazione di 8 aziende di diversi settori mercelogici e interviste one to one con dieci domande aperte di approfondimento, dedicate a 15 aziende che investono regolarmente in Cultura.
La seconda modalità di indagine rivolge come prima domanda centrale : « Nel 2012 prevedete una variazione negli investimenti di comunicazione nella Cultura? ».
Dai dati raccolti in così breve tempo, emerge che le aziende, nonostante la crisi, combattono per mantenere i propri investimenti in Cultura, perché più stabili dell’azione in advertising classica e più istituzionali.
I risultati più interessanti sostengono che le Imprese che scelgono la Cultura lo considerano nella grande maggioranza dei casi un investimento efficace, non passibile di taglio e riduzione. La Cultura è prevalentemente parte integrante delle Strategie di Comunicazione Corporate, con maggiore attenzione alle politiche di CSR dove la Cultura rappresenta un’ importante opportunità per favorire la reputazione.
La pianificabilità e la misurazione dei risultati degli investimenti in Cultura continuano a rappresentare un tema di primaria importanza per le Imprese, sebbene non siano indicati gli strumenti per rilevarla e si denuncino ulteriori costi. La Relazione con gli Operatori della Cultura è considerata in genere, occasione di confronto costruttivo con mondi e culture professionali diverse.
Da parte delle Imprese un invito agli Operatori culturali per essere più efficaci nell’ approcciarli: informarsi in profondità sulle caratteristiche, le politiche di comunicazione e i ‘corporate values’ dell’Azienda cui si fanno le proposte di Partnership, perché queste siano mirate, personalizzate, «sfidanti per le competenze distintive dell’Azienda» e adeguate alle sue capacità di investimento.
Il Presidente di Federculture, Roberto Grossi, annunciando la prossima pubblicazione del Rapporto annuale sul comparto con il Gruppo Sole 24ORE, ha richiamato all’assunzione di responsabilità della Politica nella conduzione e regia del dialogo fra Industria e Cultura, nel rispetto dei reciproci ruoli e competenze. Ma siamo davvero di fronte a una rivoluzione copernicana dove la Cultura sia in grado di traghettare il Paese fuori da questa crisi economica e istituzionale?
L’apertura del mondo imprenditoriale denota una volontà di costruzione di inedite vie di partnership: prendersi a cuore un bene comune. A Pompei si denunciano ulteriori crolli, come gli otto Musei nazionali che concentrano da soli il 50% dei flussi di visitatori richiedono una governance diversa.
La lettera congiunta dei tre Ministri dello Stato lascia intendere una forte apertura a un lavoro interdisciplinare, ma gli atti concreti devono seguire al più presto. Quando?
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