Cultura senza barriere
Il 4 ottobre a Lucca, Massimo Marsili - direttore della Fondazione Giacomo Puccini di Lucca, Mauro Felicori- direttore della Reggia di Caserta e uno scrittore attivista saranno gli acrobati che faranno "Salti altissimi" dialogando su cultura dell'accessibilità e accessibilità universale della cultura. È Iacopo Melio, studente di scienze politiche a Firenze, giornalista freelance, che nel 2015 ha fondato la onlus vorreiprendereiltreno diventata un punto di riferimento nazionale per le persone con disabilità. Vincitore del premio “Cittadino Europeo” 2017, ha pubblicato nel 2018 per Mondadori il libro da cui prende il titolo l’incontro, un gioiello di autoironia e buona scrittura in difesa delle libertà, nel rispetto dell’unicità di ciascuno e nel superamento di un fuorviante e riduttivo concetto di normalità. Le sue battaglie arrivano a Montecitorio.
Iacopo Melio, ti definisci sul tuo profilo "Attivista per i diritti civili".
In che modo, secondo te, promuovere la cultura dell'accessibilità per tutti può aiutare a infrangere le barriere rispetto alla accettazione della diversità, sia essa di genere, di religione o di provenienze dal mondo?
Credo che la parola chiave sia “empatia”, ed è su questo che dobbiamo lavorare: sul mettere in condizione gli altri, in maniera più o meno spontanea, di infilarsi nei panni di chi vive una condizione diversa dalla nostra, soprattutto se di minoranza e marginalità. Ciò che non conosciamo inevitabilmente ci spaventa, pertanto se facciamo scoprire realtà spesso ignorate porteremo gli altri ad accettarle e, così, anche a non averne più paura, avvicinandosi. Questo, ovviamente, vale per tutti coloro che vedono ancora oggi i propri diritti negati, non solo in ambito disabilità.
L'Unione Europea e il Consiglio d'Europa sono attente a promuovere e sostenere una cultura inclusiva come esercizio di democrazia, nel riconoscimento di valori che uniscono i paesi dell'Unione. Secondo te quanto viene percepito di questo intento nella vita quotidiana dei cittadini italiani in questo particolare momento storico, dove stanno prendendo piede movimenti che si rifanno a un'idea di identità "nazionale" chiusa più che elaborare la complessità e il cambiamento multiculturale dei propri territori? E in che modo potrebbe incidere la sensibilità per l'accessibilità della cultura a tutti?
Poco, molto poco. L’Europa ha ben chiaro quali siano degli obiettivi “standard” di civiltà, mentre l’Italia fatica a fare confronti costruttivi con gli altri Paesi. Questo, ovviamente, è un problema, non avendo così stimoli per migliorare e migliorarsi. Ma è un problema soprattutto oggi, in questo momento storico dove la disabilità viene troppo spesso usata per mera campagna elettorale, come strumento sul quale far leva per screditare questioni come il sostegno dei richiedenti asilo o quelle riguardanti i diritti LGBT, ritenute non certo prioritarie.
L'Accessibilità per tutti ha costituito uno dei pilastri importanti di questo Anno Europeo del Patrimonio. Tema di rilevanza anche per le Città che affrontano le candidature come Capitali Europee della Cultura. Quanto, secondo te, questi eventi una volta conclusi riescono a incidere successivamente su una cultura dell'accessibilità per tutti all'interno della progettazione culturale degli operatori, delle istituzioni e delle organizzazioni?
Non posso dirlo con certezza. Senz’altro, avere opportunità come le candidature a Capitali Europee della Cultura è un qualcosa che va colto e non sprecato, permettendoci di accendere i riflettori su tematiche importanti, compreso quella dell’accessibilità. Il problema è che, oggi, si ritiene essere “cultura” quattro mattoni, e non quello che quei mattoni racchiudono: troppe leggi impediscono l’abbattimento delle barriere in nome di vincoli e patrimoni da non intaccare, quando in realtà il vero valore dovrebbe stare nella fruibilità di quel patrimonio. Finché non si scardina questo meccanismo, a parer mio, certi eventi non avranno mai un reale effetto positivo nel lungo periodo.
Accessibilità virtuale VS Accessibilità fisica. Internet si sta rendendo sempre più accessibile attraverso social network e app, in grado di essere usati su differenti dispositivi. Un accessibilità al mondo virtuale che permette non solo di trasmettere contenuti culturali in grado di raggiungere la diversità fisica, sensoriale e di apprendimento delle diverse persone, ma anche di partecipare e creare contenuti culturali e artistici. E poi esiste il bisogno fisico dell'incontro, dello scambio e della partecipazione nei luoghi fisici,dove i progetti culturali e artisti prendono forma.
Come si incontrano secondo te questi due mondi e quali sono a tuo parere le difficoltà che emergono ancora oggi?
Internet è l’unico luogo dove le barriere non esistono e dove ognuno può essere ovunque, comunicando potenzialmente ad un pubblico vastissimo, in un secondo e con un paio di click. Io stesso “nasco” come attivista sul web, ma questo inevitabilmente non basta: c’è bisogno di scendere per strada e incontrare le storie, le esperienze, le realtà che si vogliono raccontare, denunciare e promuovere. La difficoltà nel far combaciare questi due aspetti è la difficoltà sociologica che troviamo ogni giorno, nella nostra quotidianità, e si dovrebbe insegnare a partire dai primi anni di età, con i nostri figli ormai 2.0, a saper sfruttare al meglio le potenzialità della rete senza però perdere la connessione con ciò che di concreto ci circonda.
Non esistono ricettari semplici nell'approcciare le necessità di persone con differenti disabilità e il rischio è di non combinare appropriatamente gli ingredienti. Dal tuo punto di vista quali sono gli elementi che un organizzatore/organizzatrice culturale deve tenere da conto sull'accessibilità dei suoi progetti?
L’ingrediente principale è uno: non lavorare mai da soli. Circondarsi di esperti, ognuno per un settore diverso, che possano apportare un contributo fondamentale al progetto. Non basta infatti tener di conto delle barriere architettoniche, ci sono un sacco di problemi logistici che vanno presi in considerazione in base all’ambito nel quale si va ad agire, e spesso si vuol metter mano a cose che non si conoscono credendo di far del bene quando, in realtà, si è portati a ignorare particolari che potrebbero essere evidenti per chi conosce quella realtà ma non per noi.
Il 4 ottobre al Lubec di Lucca un filosofo, un direttore di una reggia e uno scrittore attivista saranno gli acrobati che faranno "Salti altissimi" dialogando su cultura dell'accessibilità e accessibilità della cultura. Quali saranno i salti acrobatici che proporrai ai tuoi due colleghi?
A parte che, per le conferenze alle quali partecipo, non programmo né preparo niente. Ma poi, anche se fosse, non lo svelerei… Venite a Lucca il 4 Ottobre!