Cultura e spending review: problema o opportunità?
Il successo della cultura non sempre si riflette nei bilanci. E l’economia della cultura può essere un tema divisivo anche nel mondo delle Fondazioni, come dimostra la recente presa di posizione del Consiglio di indirizzo della Fondazione Carisbo
Il 26 ottobre scorso è stata assunta la decisione di ridurre per il 2017 il contributo all’attività del proprio circuito dei Musei di oltre due milioni di euro (portandolo a otto milioni), mettendo sotto osservazione i conti di Genus Bononiae, la società strumentale che li gestisce, per verificare soluzioni possibili di spending review.
La motivazione – che rientra di per sé in un filone fondamentale del dibattito sulle scelte gestionali delle Fondazioni – è riconducibile alla volontà di redistribuire le risorse disponibili (peraltro ridimensionate a seguito delle problematiche del mercato bancario e finanziario) tra destinazioni culturali e destinazioni sociali, queste ultime rese di forte impatto di attualità in relazione alle istanze indotte dalle difficoltà dell’economia.
In questo confronto di orientamenti la Fondazione Carisbo è stata, in qualche modo, un laboratorio d’avanguardia. Sotto la presidenza di Fabio Roversi Monaco progettò e realizzò un grande investimento culturale nei “musei nella città”, sulla base di una valutazione complessiva che privilegiava sistema, strutture e contenitori culturali rispetto all’episodicità degli eventi che in quella cornice avrebbero trovato collocazione. Da questo ambizioso progetto – senz’altro originale nel panorama delle Fondazioni bancarie – nacque Genus Bononiae-Musei nella Città configurando, come ha sottolineato lo stesso Roversi Monaco, «un percorso urbano che ne racconta la storia, la vita, le arti e i sogni; utilizza le strade di Bologna come corridoi, palazzi e chiese come sale di un unico grande museo, inserendosi nella struttura istituzionale già esistente e prevedendo un pieno collegamento con le altre realtà culturali, economiche e sociali che animano la comunità locale».
Sette sedi museali in palazzi storici nel cuore di Bologna, restaurati e riaperti al pubblico: Palazzo Fava, il cui piano nobile conserva un celebre ciclo di affreschi realizzato dai giovani Carracci, ospita grandi mostre di rilevanza nazionale e internazionale (importantissima per il suo successo nel 2014 quella dedicata a La ragazza con l’orecchino di perla. Il mito della Golden Age, oggi presenta fino all’8 gennaio prossimo Bologna dopo Morandi 1945-2015, un percorso da Morandi e il dopoguerra alle influenze del post-cubismo e dell’Informale di Alberto Burri fino alla Pop Art e alla videoarte, a cura di Renato Barilli); Palazzo Pepoli con il suo Museo della Storia di Bologna, un innovativo itinerario multimediale e sensoriale dedicato alla storia, alla cultura e alle trasformazioni della città (che oggi e fino al 19 marzo 2017 ospita la mostra Hugo Pratt e Corto Maltese. Cinquant’anni di viaggi nel mito con oltre 400 opere scelte dalla curatrice Patrizia Zanotti); Casa Saraceni, importante edificio del Rinascimento bolognese, divenuto uno spazio espositivo versatile, oltre che sede della Fondazione; San Colombano, con gli affreschi dei maestri del Seicento emiliano, custodisce l'inestimabile collezione di strumenti musicali antichi del Maestro Luigi Ferdinando Tagliavini, oltre novanta strumenti funzionanti e regolarmente utilizzati nel corso della stagione concertistica; Santa Maria della Vita, complesso monumentale che conserva il Compianto sul Cristo Morto di Niccolò dell'Arca, il più importante gruppo scultoreo in terracotta del Rinascimento italiano; San Giorgio in Poggiale, all'interno di una chiesa cinquecentesca, ospita la Biblioteca d'Arte e di Storia con il notevole patrimonio librario e fotografico della Fondazione, preziose opere d'arte contemporanea ed è sede di mostre ed eventi culturali; Chiesa di Santa Cristina, sede dedicata ai concerti, conserva capolavori dei Carracci e le uniche opere scultoree realizzate da Guido Reni.
Ovviamente un sistema così articolato e diffuso nelle strutture (con impegnative ristrutturazioni), ambizioso nei contenuti, ha registrato costi di gestione rilevanti, non compensati da ricavi corrispondenti, nonostante il successo delle iniziative. E così la Fondazione ha destinato a Genus Bononiae nel 2015 il 57% dei fondi deliberati (7,7 milioni di euro sul totale di 13,5) e nel 2016 il 46% (7,6 milioni su un totale di 16,4).
E ora in Fondazione si sta sviluppando il dibattito sulla destinazione delle risorse nel prossimo anno, tenendo peraltro conto del ruolo e del rilievo assunto da Genus Bononiae nell’offerta culturale bolognese, di recente ribadito dal suo Presidente Roversi Monaco «Genus è una società strumentale della Fondazione e può funzionare perché esiste la Fondazione che dà i mezzi necessari per svolgere attività che hanno avuto successo», rifiutando la dicotomia tra sociale e cultura «L’uso della formula “o questo o quello” è mal posta. Le esperienze sociali hanno una priorità, che viene già data dalla Fondazione (…). Il ruolo che Genus Bononiae svolge da parecchi anni va tenuto in considerazione e va riconosciuto».
Nel documento previsionale 2017, approvato dal Consiglio di indirizzo, alla rete museale vengono assegnati complessivamente otto milioni (1,5 fuori budget per pagare vecchi debiti, soprattutto verso piccoli fornitori, 6,5 nell’ambito dei 16,7 destinati alle erogazioni nel prossimo esercizio). Quindi se Genus Bononiae avrà bisogno di ulteriori risorse dovrà ricorrere da una parte alla spending review dall’altra a collaborazioni ed alleanze (sponsorizzazioni, partecipazioni nel capitale) con altri operatori, privati e pubblici, fondazioni ed enti locali. In questa prospettiva si colloca il richiamo del Presidente della Fondazione Sibani all’opportunità di «forme di cooperazione che ci consentano di ripartire l’onere», sottolineando l’utilità di Genus Bononiae per tutto il territorio perché «una città come Bologna non può ignorare che il turismo culturale è una componente importante per attrarre ricchezza sulla città».
E in questa prospettiva il clima di collaborazione e condivisone tra Fondazione Carisbo e Genus Bononiae è stato ulteriormente ribadito con forza il 3 novembre da Leone Sibani e Fabio Roversi Monaco in occasione della presentazione della bella mostra a Palazzo Pepoli dedicata a Hugo Pratt e Corto Maltese. Cinquant’anni di viaggi nel mito.
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