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Arte a Km0

  • Pubblicato il: 29/03/2013 - 11:08
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Giovanna Segre
Giovanna Segre

Milioni. Si legge spesso di milioni di dollari quando si scorrono i risultati delle aste di case come Sotheby’s o Christie’s per i lotti di arte contemporanea. Picasso con «Nude, Green Leaves and Bust» del 1932 passa da Christie’s a New York nel maggio 2010 a oltre 106 milioni di dollari, cifra di poco superiore a quella già ottenuta da Sotheby’s nel 2004 per «Garçon à la pipe» dipinto nel 1904. Così come ci sono i record di Edward Munch, con «L’urlo» venduto a quasi 120 milioni di dollari da Sotheby’s nel 2012 e di Gustav Klimt con il ritratto di «Adele Bloch-Bauer I» dipinto nel 1907 e venduto, dopo una controversa contesa giudiziaria con l’Austria, a 135 milioni di dollari nel 2006. Ma spetta al quadro No. 5, 1948 di Jackson Pollock il record assoluto e ancora imbattuto di una vendita, aggiudicato a circa 140 milioni di dollari nel novembre del 2006.
Le cifre che ruotano intorno all’arte contemporanea sono da capogiro. Anche se è evidente che dal punto di vista delle quantità parliamo di pochi pezzi rispetto a un mercato che per l’arte contemporanea riguarda tutto il mondo. I motivi che spiegano l’origine di valori molto elevati sono infatti legati più alla rigidità dell’offerta che all’elevato livello della domanda. L’offerta di opere d’arte è «rigida» dal momento che non vi è quasi alcuna possibilità di sostituzione delle opere d’arte l’una con l’altra, come invece avviene per i normali beni in vendita sul mercato. Quando l’offerta è fissa e limitata, se la domanda cresce anche solo un po’, tutto si scarica su un aumento del prezzo. Ma questo meccanismo, indubbiamente attivo nel mercato dell’arte, non sembra sufficiente a spiegare i valori imponenti che si vedono e si sono visti. Bisogna aggiungere qualcosa. Per capire i motivi che spingono a immobilizzare capitali così ingenti in un oggetto, rappresenta certamente un’altra spiegazione il consolidarsi del mercato dell’arte quale forma di investimento. La peculiare natura anticiclica dell’investimento in arte, che ha addirittura avuto rendimenti positivi mentre l’indice di borsa registrava rendimenti negativi, e comunque è cresciuto quando la borsa è calata, indica l’opportunità di includere l’arte in una logica di diversificazione del portafoglio investito.
Queste prospettive non sono però, in realtà, al centro dei recenti studi di economia della cultura applicati al ruolo dell’arte per lo sviluppo economico. Nel paradigma della ricerca del miglior e maggior benessere per la società, e quindi nell’affiancamento di altri parametri oltre a quello del PIL per misurarlo, emerge un ruolo potente per l’arte contemporanea nella formula dell’arte a Km 0. Se l’arte internazionale è il segno della qualità e dell’eccellenza elitaria e autoreferenziale, l’arte a Km 0 è esperienziale, interattiva, ad ampio accesso e produttrice di capitale sociale. Il chilometro zero è una logica vicina alle politiche che aprono al dialogo tra culture e che rendono gli attori che intervengono nel mercato dell’arte partecipi di un processo che abbassa il costo, monetario e psicologico, di accesso alla cultura. Si tratta di una dimensione che non va nel senso di provincializzare la creazione d’idee, ma di rendere vicini e colloquianti produttori-artisti, istituzioni pubbliche e private a fini commerciali e non, e consumatori-collezionisti. Un esempio ne è l’Affordable Art Fair che ospita le gallerie in un ambiente rilassato e non convenzionale (lontano dal freddo e altero “white cube”), studiato in modo che tutti, più o meno esperti e informati, possano trovare qualcosa nella variegata scelta di opere d’arte, composta sia da lavori di artisti noti, sia di giovani e sconosciuti. Tutto ciò avviene con un tetto ai prezzi di 5.000 euro, ma soprattutto con l’obbligo di esporre informazioni e prezzi per tutte le opere. Un altro esempio è l’operazione portata avanti da una associazione di giovani a Torino in parallelo allo svolgersi di Artissima, la paludata fiera internazionale d’arte contemporanea torinese. La versione off di Artisssima, Paratissima, ha portato l’arte nel difficile, seppur centrale, quartiere di San Salvario,facendo diventare, per quattro-cinque giorni, spazi espositivi a disposizione di artisti outsider, le strade, gli esercizi commerciali, i locali pubblici, gli atrii degli stabili, gli studi di architettura, gli appartamenti e i balconi. Nell’edizione del 2011, l’ultima svoltasi interamente nel quartiere, sono stati coinvolti più di 500 artisti e più di 150 performance musicali in oltre 230 location. Una manifestazione che (oltretutto senza contributi pubblici) produce un alto impatto sia sociale, sia economico. Quest’ultimo stimato in 1.300.000 Euro, senza considerare quello di medio-lungo termine per l’intero quartiere.

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