All’inizio non esisteva né un prima né un dopo né un altrove da cui immigrare
«All’inizio
non esisteva né un prima né un dopo né un altrove
da cui immigrare»
(Le cosmicomiche, Italo Calvino)
«I migranti? Una soluzione, non il problema»
I grandi passi del buon senso.
Al ritorno dopo l’estate, la storia ha svoltato.
Dopo Aylan, il bimbo turco simbolo delle vittime della tempesta che riguarda il nostro Continente, tutto, le persone hanno preso volto e nome.
Sognava l’archeologo Khaled al Asaad, 82 anni, con la sua Palmira. E l’umanità- inerte e codarda di fronte all’ISIS- oggi è in lutto per le vittime della barbarie di un moderno olocausto, per le distruzioni iconoclaste.
Nelle reazioni, nelle resistenze, la società civile in molti paesi si è mobilitata direttamente. Anche l’Italia. Centomila persone sono state salvate da volontari che hanno garantito welfare di base, un sindaco come Giusi Nicolini di Lampedusa ha svolto e svolge un’opera da stato sociale, la popolazione ha aperto le proprie case accogliendo l’invito dei Vescovi, come Cesare Nosiglia.
Dire e fare. Lo European Foundation Center, che raccoglie i principali enti filantropici, sta mappando la risposta dei suoi associati alla crisi, per la comprensione del quadro complessivo di interventi su un terreno che prioritariamente è pubblico.
La politica di qualità che si muove sulla logica del pragmatismo, l’unica arma con cui si gestiscono tragedie, si governano fenomeni complessi, è tornata con gesti anni ‘60, ridando un verso alla civiltà dell’ Europa, in una marcia di senso, una linea di apertura dopo la strozzatura economica della Grecia. «I migranti? Una soluzione, non il problema». E’ questa la prospettiva affermata all’Expo dall’ottantenne uruguaiano Josè Alberto Mujica Cardano, detto Pepe, guerrigliero e ministro, prigioniero politico per 14 anni e Presidente della Repubblica per cinque, fino a quest’anno, icona progressista mondiale che durante il suo mandato ha istituito il mastrimonio gay, legalizzato la marijuana. Nella giornata in cui il suo amico Francesco Bergoglio incontrava Fidel Castro a Cuba, , ha lanciato agli europei l’invito ad una rivoluzione culturale, prima che politica: analizzare i termini della questione che sta cambiando l’antropologia dei paesi, le nostre infrastrutture cognitive, comprendendo che l’accoglienza non è meramente una questione di solidarietà, di umanesimo cristiano, ma è una possibilità di «incrementare la popolazione attiva e aumentare di molto la sua capacità di produrre ricchezza». Molti non concorderanno, ma merita ascolto uno statista che in cinque anni ha ridotto la povertà nel suo paese, lasciando la posizione con molti rimpianti: «noi uomini sogniamo di più di quello che riusciamo a fare». «Siamo tutti fatti della stessa terra, navighiamo sullo stesso mare, guardiamo gli stessi astri».
Su questo tema - «L’impasto umano» - prende avvio l’undicesima edizione di Torino Spiritualità della Fondazione Cultura, una ricerca sull’indeterminatezza, una riflessione sul senso che sfugge, su ciò che muove gli uomini.
Per queste ragioni abbiamo scelto di lasciare lo spazio dell’editoriale al Prof. Paolo Castelnovi che ci chiama a «guardarci senza trucco e senza scuse», come eredi della Rivoluzione Francese. Guardare «con gli occhi del nemico, se vogliamo capirne le ragioni. Non è solo una scaltrezza da Ulisse (..) Non sconfiggeremo lo Stato Islamico, senza sconfiggere la corruzione dei principi primari posti alla base della nostra civiltà. (…) Niente paura non abbiamo altro da perdere che le nostre catene».
Inoltre, su questo numero
«Un sasso nello stagno del Mibact, (…) di un’amministrazione statale dei beni culturali alquanto lontana dalle attuali esigenze sociali, chiusa ad ogni relazione con altri attori culturali (..)». Così l’editoriale del Giornale dell’Arte di Massimo Montella, introduce la riforma Franceschini, intorno alla quale c’è stato un fiume di commenti a caldo.
Volendo andare oltre la cronaca, per arricchire il giudizio, abbiamo chiesto una riflessione ponderata su luci, ombre e potenzialità a diversi attori – economisti, giuristi, esperti di politiche culturali, dirigenti museali - con ruoli e visioni complementari, per far scendere il livello del confronto e organizzarlo, considerando che «pur con tutte le sue criticità, nessuna esclusa, la riforma segna l’avvio di una nuova epoca nella gestione dei musei statali e, in prospettiva, di tutti i musei italiani», come afferma Daniele Jalla, presidente di ICOM.
«Ripensare il museo e il sistema», su questo fronte si muove il Museo Pecci di Prato – nato nel 1988, uno dei primi sul contemporaneo del nostro paese, che di recente ha mutato la sua governance in fondazione – che ha lanciato una grande chiamata agli operatori. Saranno oltre 3000 nel prossimo week end al primo Forum del contemporaneo, organizzati su 43 tavoli tematici moderati da under 35 (noi gestiremo il tavolo sulle Fondazioni private), con la guida di un comitato scientifico composto dal direttore del museo, Fabio Cavallucci, da Ilaria Bonacossa, dall’economista PierLuigi Sacco e dall’artista Cesare Pietroiusti, che apre il nostro numero.
Il week end sarà caldo anche a Lecce, con la 15ma edizione di Art-Lab, il laboratorio della Fondazione Fitzcarraldo: 25 incontri e oltre 100 relatori, discuteranno con decisori ed operatori di innovazione culturale, valorizzazione del patrimonio pubblico, fundraising per la cultura, audience development.
Con i nostri redattori restituiremo l’esito dei confronti sulle trasformazioni in atto e prospettiche, anche a livello comunitario: il Giornale delle Fondazioni, come unica testata italiana invitata al Forum Comunitario di Essen «Culture is digital. Digital is Culture», che domani prende il via.
Foto: Abi-tanti La moltitudine migrante a cura del Dipartimento Educazione Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea