Estasi estensi a Venaria
La Descrizione delle pitture esistenti in Modena nell’Estense Ducal Galleria, stesa dall’abate Gherardi nel 1744, «fotografa» analiticamente la quadreria estense nel momento del suo massimo fulgore, pochi anni dopo che Charles de Brosses l’aveva definita come la più bella d’Italia, sia per la qualità delle opere sia per l’eleganza della disposizione. Solo due anni dopo, con la sciagurata «vendita di Dresda», i cento capolavori più preziosi avrebbero lasciato per sempre Modena diretti in Germania. La mostra che si apre alla Reggia di Venaria Reale, «Splendori delle corti italiane: gli Este. Rinascimento e Barocco a Ferrara e Modena» dall’8 marzo al 6 luglio, risarcisce almeno in parte quella profonda ferita. Il protrarsi della chiusura al pubblico della Galleria Estense, dove sono in corso lavori strutturali in seguito al sisma del maggio 2012, consente al nostro museo un’insolita generosità nei prestiti, che si sposa alla solidarietà del Centro di conservazione e restauro di Venaria, che per l’occasione ha restaurato due pale d’altare provenienti dalla danneggiatissima chiesa di San Francesco a Mirandola e la splendida tavola con l’«Adorazione del Bambin Gesù» di Battista Dossi della nostra pinacoteca.
I curatori della mostra, Stefano Casciu, soprintendente ai Beni storici e artistici di Modena e Reggio Emilia, e Marcello Toffanello, hanno immaginato un percorso intelligente che, integrando le opere della Galleria modenese con numerosi prestiti da importanti musei italiani e stranieri, riesce a offrire un’immagine a tutto tondo della ricchezza e dei caratteri del mecenatismo estense dall’inizio del Cinquecento alla fine del Seicento. Volutamente lasciando da parte il pur glorioso Quattrocento, già oggetto di mostre recenti a Ferrara, richiamato all’inizio del percorso da un’opera simbolica come il «Sant’Antonio da Padova» di Cosmè Tura, la mostra traccia uno spaccato della storia estense dal ducato di Alfonso I (1505-34) fino a quello di Francesco II (1674-94), passando attraverso il drammatico nodo del forzato trasferimento della capitale da Ferrara a Modena nel 1598. Il percorso consente al visitatore di formarsi un’immagine nitida della personalità dei diversi duchi d’Este, e in particolare delle loro preferenze e dei loro gusti in materia d’arte. In questa lunga storia emergono due protagonisti assoluti, ciascuno dominatore del proprio secolo. Nel Cinquecento il sanguigno Alfonso I, che una tenace tradizione storiografica ha voluto esclusivamente interessato alla guerra, ma che fu in realtà committente consapevole e raffinato, creatore di quei «Camerini d’alabastro» che fece decorare con i capolavori scultorei del veneziano Antonio Lombardo e con le sontuose tele di Tiziano e Dosso Dossi, di cui si potranno ammirare due gemme come la «Melissa» della Galleria Borghese e il «Giove pittore di farfalle» proveniente da Cracovia, impregnati dell’estro e dell’alone fiabesco che sostanziano il capolavoro letterario di quell’epoca, l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Nel secolo successivo a primeggiare è l’energico e ambizioso duca Francesco I (1629-58), vero artefice della rinascita dello splendore estense nel Seicento. Fu lui che fece della nuova capitale Modena il palcoscenico di una magnificenza barocca di altissimo livello, che trovò i suoi punti di forza nella favolosa quadreria, nella grandiosità delle residenze costruite ex novo e decorate da aggiornatissime équipe di artisti, nella ricchezza e nella modernità della vita teatrale e musicale, tutti aspetti che in mostra sono rievocati attraverso disegni, incisioni, libri, dipinti e sculture. Nelle «Camere da parata» di Palazzo Ducale, celebrate da Francesco Scannelli nel 1657 nel suo Microcosmo della pittura, erano appesi uno accanto all’altro i capolavori dei grandi maestri del Cinquecento (il duca amò particolarmente Correggio e i veneti, Veronese e Tintoretto) e le novità dei maggiori artisti contemporanei, fra i quali il sovrano nutriva una particolare ammirazione per Guido Reni e Guercino, legato al duca da sincero affetto. Per la decorazione della «Delizia» di Sassuolo Francesco trovò nel pittore francese Jean Boulanger, che s’era formato a Bologna con Reni, un interprete ideale, che nella sontuosa decorazione a fresco del palazzo riuscì mirabilmente a esprimere i contenuti eruditi del programma iconografico in un clima festoso e sognante, di grandissima suggestione. La sua figura risalta nella mostra con una serie di opere rare e importanti come quella di un grande protagonista, fino ad ora misconosciuto, della pittura emiliana del Seicento. Il carattere volitivo del duca emerge pienamente, oltre che nel celeberrimo busto di Bernini (rimasto a Modena data la sua estrema delicatezza), nel magnifico ritratto che Diego Velázquez gli fece nel 1638, quando il giovane sovrano si recò a Madrid in missione diplomatica. Con suprema sprezzatura il grande pittore spagnolo riesce a cogliere in pieno lo charme e il carattere di un uomo che nel 1645 dichiarava: «Ci vuole risparmio, ma ci vuole anche splendore, e la parsimonia senza lustro è cosa da privati e non da principi».
Davide Gasparotto
Direttore della Galleria Estense
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Il reportage completo è pubblicato nel numero di marzo di «Vernissage», ora in edicola.