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Il nuovo museo dei Valdesi

  • Pubblicato il: 15/11/2018 - 08:05
Rubrica: 
MUSEO QUO VADIS?
Articolo a cura di: 
Alessandro Martini, da Il Giornale dell'Arte numero 391, novembre 2018

Il progetto di Margherita Bert e Massimo Venegoni propone un «continuum narrativo» articolato in 6 grandi sezioni, dal Medioevo al Novecento.
In quella che è considerata la «capitale dei Valdesi», nominata nel 2017 Città Europea della Riforma dalla Commissione delle Chiese Protestanti in Europa, si è riaperto il 31 ottobre, completamente riallestito, il Museo Storico Valdese gestito dal 1989 dalla Fondazione Centro Culturale Valdese. Era nato nel 1889 come Musée Historique Vaudois, in occasione del bicentenario del «Glorioso Rimpatrio», il rientro dalla Svizzera nelle Valli natie dei valdesi esiliati dal duca di Savoia Vittorio Amedeo II. Oggi è l’«
unico al mondo a ripercorrere gli oltre otto secoli di storia valdese attraverso due continenti, l’Europa e le Americhe».
Rubrica in collaborazione con la Fondazione Marino Marini di Firenze


Il progetto di Margherita Bert e Massimo Venegoni propone un «continuum narrativo» che culmina nella torretta panoramica, aperta su Torre Pellice e sul paesaggio delle Valli valdesi, ed è articolato in 6 grandi sezioni, dal Medioevo al Novecento, nelle quali emergono temi e concetti chiave.

Tra i materiali esposti, spiega il conservatore Samuele Tourn Boncoueur, «documenti, incisioni, libri, tra cui la cosiddetta “Bibbia di Olivetano”, che i valdesi fecero tradurre in francese dalle lingue originali, una delle preziose 110 cinquecentine della Riforma, in particolare tedesca e svizzera, del misterioso fondo di Sir James R. Simpson, che tanto colpì Umberto Eco, cittadino onorario di Torre Pellice; armi, tra cui la beidana, tipico strumento da taglio derivato da una roncola, e la colubrina del “bandito” valdese Giosuè Gianavello che, dopo le stragi del 1655, difese le borgate di montagna dalle truppe del duca di Savoia, redigendo anche una sorta di primo manuale di istruzioni di guerriglia; bandiere, tra cui il vessillo di famiglia di Henri Arnaud, condottiero del Glorioso Rimpatrio, o gli stendardi celebrativi delle concessioni albertine ai valdesi; e cimeli vari, tra cui le medaglie di Luigi XIV, re cristianissimo che, con la revoca dell’Editto di Nantes nel 1685, diede il via alle persecuzioni degli ugonotti nel Delfinato e nelle valli di Susa e Chisone, allora francesi; così come la gamba di legno del generale John Charles Beckwith, grande benefattore dei Valdesi, soprattutto nell’ambito della costruzione di scuole e templi».

Il 31 ottobre si è aperta la mostra del pittore Paolo Paschetto (1885-1963), noto anche per aver vinto nel 1948 il concorso per l’emblema della Repubblica Italiana.
 

Alessandro Martini, da Il Giornale dell'Arte numero 391, novembre 2018