Una nuova porta per Torino: il Polo del ‘900. Esperimenti per una polarità innovativa e condivisa?
I quartieri militari realizzati tra il 1716 e il 1728 su progetto di Filippo Juvarra, hanno rappresentato per anni la porta occidentale della città a seguito del suo terzo ampiamento e da novembre, parafrasando la campagna di comunicazione legata al progetto del Polo del ‘900, rappresenteranno una nuova porta che, attraverso la “storia si apre al futuro”.
È proprio all’interno dei due palazzi storici di San Celso e San Daniele, adibiti originariamente a caserme, che la Compagnia di San Paolo ha investito sinora più di 9,3 milioni di Euro nella costituzione del Polo del ‘900, un esperimento coordinato con il Comune di Torino e la Regione Piemonte sicuramente unico in Italia e con pochi simili in Europa, finalizzato a raggruppare ad oggi 12 partner culturali all’interno di un unico spazio di oltre 6.000 mq.
L’obiettivo del progetto è quello di offrire realmente uno spazio pubblico in grado di funzionare come riferimento non solo per gli studiosi che vogliono approfondire le tematiche del ‘900, ma anche uno spazio proiettato al contemporaneo e aperto alla cittadinanza, con una sala lettura pubblica di oltre 80 posti, un museo, spazi per la didattica, per le mostre, per gli spettacoli e per i più piccoli.
Più che approfondire il progetto, le dimensioni e le funzioni degli spazi, che comunque meritano di essere citati, comprendendo spazi polifunzionali per 400 mq, archivi per 1.600 mq e oltre 300.000 volumi a disposizione del pubblico, nello spirito della testata, analizziamo il processo di costruzione di questa realtà, interessante e innovativo sotto molti aspetti, soprattutto per quanto riguarda il coinvolgimento degli istituti e le pratiche di apertura verso l’esterno, verso nuove realtà, idee e suggestioni. Lo osserviamo come Fondazione Fitzcarraldo, da anni coinvolta attivamente nello studio di soluzioni funzionali alla gestione e, a diverso titolo, anche nei processi di partecipazione direttamente legati al progetto che Compagnia di San Paolo ha voluto sviluppare.
È possibile identificare, per quanto in modo semplicistico, una doppia scala di coinvolgimento e di apertura: una interna al Polo e direttamente funzionale alla sua gestione e una seconda aperta verso l’esterno, anch’essa finalizzata indirettamente al funzionamento, ma stimolata dalla ricerca di suggerimenti e buone pratiche da sviluppare.
Il solo immaginare un coinvolgimento di 12 soggetti diversi, ciascuno dotato di una propria autonomia e di una propria identità, accomunati dal fatto che tutti, in maniera più o meno diretta, siano legati ai temi del secolo scorso, può fare intuire il grado di complessità del progetto.
A livello interno, risulta molto interessante l’impostazione di tavoli di lavoro trasversali ripartiti per tematiche, in cui sono coinvolti, insieme alla Compagnia di San Paolo, i diretti interessati, cioè gli istituti.
È da questi tavoli tematici (sulla comunicazione, sulle biblioteche, o composti dai direttori ecc.), che derivano le principali scelte attuative, in attesa che si definisca la forma vera e propria della governance. Si tratta di un esperimento sicuramente valido che consente agli istituti di ripensarsi e iniziare a definire le linee di attuazione condividendole.
La seconda azione di confronto interno interessante riguarda gli step del progetto di allestimento degli spazi comuni e, soprattutto, della sala lettura, che sono stati da sempre il frutto di una mediazione tra i vincoli progettuali e le necessità del gruppo di lavoro dei bibliotecari. Questo confronto è avvenuto, e in parte sta ancora avvenendo, non a progetto concluso, ma continuamente, con aggiornamenti periodici sull’avanzamento del lavoro e sulle relative richieste. Questo secondo step lavora nell’ottica di offrire un contenitore quanto più possibile rispondente alle esigenze di coloro che lo abiteranno e che avranno il compito di renderlo attrattivo e funzionale.
Volgendo lo sguardo all’esterno tra le numerose attività, due di esse meritano di essere citate seppur ancora in fase di attuazione. Esse riguardano prevalentemente attività di ascolto, di informazione e di scoperta di best practice di gestione. Si tratta in entrambi i casi di attività finanziate e co-progettate da Compagnia di San Paolo, la cui gestione operativa è affidata a Fondazione Fitzcarraldo.
La prima consiste nel portare il Polo nelle piazze con l’ausilio di una installazione mobile, che ha assunto la forma di una 500 storica, icona della produzione industriale torinese del secolo scorso, che sia in grado di raccogliere testimonianze, opinioni e suggerimenti da parte di target diversi della cittadinanza, attraverso la somministrazione di questionari, la presenza di attività ludico-partecipative e la realizzazione di videointerviste.
Queste attività, incentrate sulla dicotomia ‘900/contemporaneo hanno il compito di individuare le principali aspettative della gente nei confronti del Polo, per poi fare in modo che le istanze raccolte vengano divulgate agli istituti a cui è attribuito il difficile compito di preservare la propria identità aprendosi verso il futuro.
La seconda attività di esplorazione e di apertura verso l’esterno riguarda la calendarizzazione di una serie di incontri in Italia e in Europa finalizzati alla scoperta di best practice. A questi incontri, secondo una logica di totale apertura, partecipano congiuntamente i delegati degli istituti e della Compagnia di San Paolo. Gli appuntamenti sono dedicati allo studio diretto di realtà simili per contenuti o ritenute particolarmente innovative per alcuni processi virtuosi avviati. Tra gli spazi già visitati la Filmoteca de Catalunya a Barcellona, il Museo delle Culture e lo spazio Open di Milano. Tra le realtà da scoprire la Maison de Metallos di Parigi, l’Istituto di Storia Sociale di Amsterdam o l’AMSAB di Gent.
Azioni funzionali a gestire la pianificazione, l’apertura e la messa a regime delle attività nella maniera più chiara, condivisa ed efficace possibile.
Il Polo del ‘900 è: Istituto Gramsci, Fondazione Vera Nocentini, Istituto Salvemini, Istituto per la Memoria del Lavoro (ISMEL), Centro Studi Piero Gobetti, Fondazione Donat Cattin, Unione Culturale Franco Antonicelli, Rete Italiana di Cultura Popolare, Museo Diffuso, Istoreto, Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenxza (ANCR), Centro Primo Levi.
Roberto Albano è Dottore di ricerca in Pianificazione territoriale, Ricercatore presso la Fondazione Fitzcarraldo. docente di urbanistica presso il Politecnico di Torino.