Riforma del Codice? No, grazie
Non esiste un solo pubblico ed un solo privato. Forse è meglio riscoprirsi cittadini prima che privati e rileggersi l’articolo 4 della Costituzione, secondo comma: «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». Senza la profonda percezione del valore di questo precetto nessun futuro può essere garantito alla cura della nostra eredità culturale (come recita la Convenzione di Faro), nessun vincolo funziona se la comunità che ne è toccata nel proprio territorio non lo riconosce come difesa del proprio benessere e tenta di aggirarlo. Il riconoscimento del valore del patrimonio culturale da parte delle comunità è la questione centrale, fondativa del rapporto fra cittadini e istituzioni, come ha insegnato Hugues de Varine: occuparsene è forse la prima componente della mission di una fondazione.
Pertanto, l’erogazione di contributi da parte delle fondazioni sarà tanto più efficace, quanto più gli interventi finanziati aiuteranno la crescita di questa consapevolezza nelle comunità. Sul piano amministrativo e gestionale, ciò significa correlare ogni volta i contributi alla valutazione preventiva e al monitoraggio delle ricadute di medio-lungo periodo nella vita della comunità destinataria e nello sviluppo del capitale territoriale. A questo soprattutto dovrebbero servire, nel caso del patrimonio culturale, quelle procedure di co-finanziamento pubblico e privato che Carlo Azeglio Ciampi rilanciò nel 1986 sotto il nome di programmazione negoziata. A ciò dovrebbero essere destinati la maggioranza dei finanziamenti pubblici, a partire da quelli del MiBACT e delle Regioni.
La vera collaborazione fra istituzioni e soggetti privati di ogni genere per la salvaguardia e la valorizzazione dell’eredità culturale dovrebbe estrinsecarsi nella crescita di capacità di sviluppare progetti di coesione e sviluppo, garantiti sul territorio da coalizioni di attori competenti e appassionati, capaci di dare continuità alle azioni non solo con denaro, come fa oggi, in molti casi, la Fondazione Con il Sud, fra le altre.
A questa cooperazione sembra mirare anche il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, almeno all’art. 111. Ma tutto ciò esige un soggetto statale affidabile e solido, rispettato e funzionante: esige un rilancio del MiBACT che ora di tutto ha bisogno meno che di uno sconquasso organizzativo e di modifiche al Codice: operazioni, credo, inutili e costose, anche se possono dar l’impressione di generare risparmi.
Pietro Petraroia è Vice Presidente Italia Nostra