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In ospedale tutta un’altra musica

  • Pubblicato il: 02/03/2012 - 10:28
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Santa Nastro

Torino. L’arte dove meno te l’aspetti. Nei luoghi della sofferenza, ma anche della ripresa. Chi pensa che negli ospedali un’opera d’arte sia superflua o inopportuna, si sbaglia di grosso. Ci sono due temi fondamentali a sottendere un incontro apparentemente di secondo piano. Il primo è quello della qualità della vita, dell’umanizzazione dell’ambiente di cura, ovvero  di costruire intorno al paziente, ma anche intorno alla sua famiglia, un contesto accogliente che possa favorire il percorso di cura. L’essere umano, infatti, come sostiene Ugo Morelli nel saggio Mente e bellezza. Arte, creatività e innovazione(Allemandi 2010), insieme al neuroscienziato Vittorio Gallese (autore della postfazione), è fisiologicamente creativo. L’esperienza estetica è uno dei fattori che interviene positivamente nella gestione della quotidianità dell’individuo, aiutandolo a rielaborare le questioni che lo riguardano, arricchendo le relazioni interpersonali, le sensazioni interiori, ma anche lo spazio professionale e del tempo libero. È un approccio non lontano da quello, tuttavia più antropologico, di David Freedberg che nel suo Il potere delle immagini (Bollati Boringhieri 2010) analizza il ruolo che il patrimonio visivo ha avuto nella storia del mondo, i significati che ha prodotto, le emozioni che la cultura popolare vi ha attribuito. Morelli e Gallese, a differenza di Freedberg, però, guardano non intorno a noi, ma dentro di noi, creando una equivalenza tra creatività e sviluppo sociale.
Temi questi di Pier Luigi Sacco, economista della cultura, che con le sue ultime ricerche  individua una diretta correlazione positiva  tra partecipazione culturale attiva e ben-essere, salute, fino ad ipotizzare un impatto diretto sulle politiche del welfare. Esiste – spiega - una relazione diretta molto forte tra accesso culturale, malattie cardiovascolari, tempi di ospedalizzazione e cicatrizzazione.
Da simili premesse  nasce a Torino la Fondazione Medicina a Misura di Donna Onlus, una realtà privata che coopera con il pubblico. Presieduta dalla Professoressa Chiara Benedetto - Direttore del Dipartimento universitario di Discipline Ginecologiche e Ostetriche al S. Anna, si muove proprio dallo storico ospedale considerato un’eccellenza scientifica a livello europeo, partendo dalla “consapevolezza che la salute della donna è un problema centrale non solo nella sfera femminile, ma anche per la qualità della vita dell’intera famiglia e quindi della società.” Attraverso una campagne di ascolto di chi anima l’ospedale con focus group socio-semantici sono state individuate le priorità di intervento a partire dall’accoglienza, con progetti strutturali di adeguamento di ingressi, corridoi, aree terapiche. Colori, materiali, comunicheranno positività. Dagli esordi la Fondazione avvia un inedito percorso di progettualità con le istituzioni culturali locali: dal Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli - che attiverà laboratori ai piani di degenza attraverso le idee e le pratiche delle arti che modificheranno il luogo -, all’Accademia Albertina delle Belle Arti - con la quale è stato concepito “Anna e le altre” il percorso di committenze a giovani artisti che dialogheranno con gli architetti-, fino alla Filarmonica ‘900 del Teatro Regio di Torino, che somministrerà “pillole musicali”. Arte e musica sono linguaggi di un rinnovato modo di concepire la vita del malato. Non mancano altri esempi in Italia, anche se la strada, in questo campo è ancora lunga e in salita. La «Casa dei risvegli Luca De Nigris», voluta dall’Associazione Amici di Luca all’interno e in collaborazione dell’ Ospedale Bellaria di Bologna, è, con il progetto Existance, uno dei casi più riusciti, che ha coinvolto nel 2010 artisti del calibro di Ettore Spalletti, Mimmo Paladino e Alessandro Bergonzoni nella progettazione di un intervento site specific che ha come tema principale, ça va sans dire, quello del risveglio. Il coma è un’esperienza drammatica che interessa non solo chi vi è coinvolto in prima persona, ma anche, ovviamente, amici e parenti. Implica un’attesa sfiancante, piena di dolore. L’obiettivo di Existance è quello di accompagnare questo tempo che non ha tacche sul calendario e il momento in cui il paziente riprende conoscenza con un luogo di «riflessione, di raccolta, momento in cui si sviluppano le emozioni che scaturiscono nel luogo, nel tempo della permanenza. È dunque uno spazio per i familiari, per gli operatori e per gli stessi pazienti, ma al tempo stesso un luogo che si proietta al di fuori della ‘Casa dei Risvegli Luca De Nigris’, verso i percorsi della vita cittadina», per dirla con le parole di Fulvio De Nigris, Presidente dell’Associazione Gli Amici di Luca. Un’esperienza analoga, di altissimo livello, è quella del Padiglione di Emodialisi dell’Ospedale del Ceppo di Pistoia. Sono molti i grandi nomi coinvolti grazie all’impegno della Fondazione Caripit: Sol Le Witt, Robert Morris, Claudio Parmiggiani, Hidetoshi Nagasawa, Daniel Buren, tra gli altri. L’obiettivo è ancora una volta  quello di arricchire la vita del paziente. Mentre in Italia scarseggiano esempi simili, nati soprattutto grazie alla buona volontà delle singole persone e di alcune associazioni o fondazioni illuminate, in Francia c’è una associazione che ha fatto di questo incontro tra arte e luoghi di cura la sua mission, formando un network internazionale davvero impressionante. Si chiama Art dans la Cité ed è presieduta da Pierre – Yves Miquel. Ha, come si conviene, una doppia anima, che si identifica nella presenza di un direttore scientifico, Olivier Galaverna, e di un direttore artistico, Rachel Even. L’associazione si adopera per inserire progetti d’arte nei luoghi della malattia come sale d’attesa, urgenze, servizi. In questo caso, però, l’esperienza dell’arte non è passiva, ma prevede la partecipazione del paziente. L’artista, invitato a rimanere in residenza presso l’Ospedale, coinvolge i degenti in fase di esecuzione dell’opera, che diventa una «cosa propria», oltre che qualcosa che si è imparato. Ma soprattutto lega il ricordo della malattia ad una esperienza formativa che si è avuta, perché come recita anche il sito dell’associazione, la vita, dentro gli ospedali, continua. Nel 2008, Art Dans la Cité ha fondato un festival biennale che fa il punto sul tema e promuove la produzione di dieci nuovi interventi a livello internazionale. Con un doppio comitato, anche qui artistico e scientifico, che ha compreso nel primo caso (con il succedersi delle edizioni) figure come Adam Budak, Giuliana Setari Carusi, Michelangelo Pistoletto, nel 2012 promuove la realizzazione di installazioni artistiche negli spazi di diversi ospedali in tutta Europa, tra cui il Careggi di Firenze e il Kaskenlinna, in Turchia.

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