Leggere gli scenari culturali attraverso gli Open Data: la sfida del bando Open Data per la Cultura 2017
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Rubrica:
BANDI E CONCORSI
Articolo a cura di:
Neve Mazzoleni
cheFare, Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo hanno lanciato il 20 aprile il bando Open Data per la Cultura 2017. Una call per ricercatori, artisti, designer capaci di leggere i dati raccolti in anni di bandi a favore del settore dell’impresa culturale emergente, per proporre soluzioni innovative di intepretazione e divulgazione, proseguendo nell’analisi degli scenari attuali.
Solo due le proposte che saranno premiate. Le candidature sono aperte dal 15 maggio fino al 24 agosto attraverso il sito di cheFare.
Milano. L’iniziativa prende avvio nel 2014, dopo la conclusione del primo bando cheFare: infatti l’associazione milanese realizza sin da allora che l’eredità più importante di quell’esperienza è la cospicua raccolta di dati su oltre 500 realtà partecipanti. Dati preziosi per comprendere chi sono, come si muovono, dove sono orientati e con quali risorse, tutti coloro che cercano nuove strade e metodi per continuare a produrre cultura, in un momento di grande trasformazione del settore e scarsità di risorse. La seconda intuizione di cheFare è valorizzare questi dati rendendoli pubblici.
Tre anni fa, grazie a una partnership tra cheFare e Fondazione Cariplo, con un lavoro molto accurato di sistematizzazione dei dataset, è stato possibile condividere pubblicamente questo patrimonio in formato Linked Open Data (con i dati anonimizzati), alimentato anche dai dati provenienti dai successivi bandi cheFare e dalle prime edizioni di IC-innovazioneCulturale.
Ora siamo di fronte a una nuova fase di questo percorso: dal 20 aprile sono online nuovi dataset che comprendono anche le informazioni dei bandi OPEN e Ora! di Compagnia di San Paolo: un patrimonio complessivo di oltre 3.300 progetti realizzati - o anche solo ideati - in Italia dal 2012 ad oggi, suddivisi in 9 dataset. Il bando vuole premiare due idee innovative per la lettura e divulgazione dei risultati per costruire un percorso di consapevolezza verso l’analisi del settore.
Abbiamo conversato con gli ideatori e partner del bando, che ci hanno restituito una visione molto chiara della direzione da tenere.
Qual è il valore sistemico di un bando del genere?
Francesca Gambetta, Compagnia di San Paolo: La grande consistenza di informazioni raccolte in questa banca dati permetterà di conoscere e approfondire i caratteri e le peculiarità della produzione culturale più innovativa del nostro paese e quindi, capitalizzare tali informazioni per futuri impegni in tale settore. Un approccio evidence-based e data driven che favorirà ancora di più modelli di intervento di sistema.
Bertram Niessen, cheFare: Mi piace pensarlo come un tassello importante di un quadro più ampio, un tipo di iniziativa che cresca ogni anno aumentando il numero di organizzazioni e bandi coinvolti. Apparentemente la questione degli archivi in Open Data è la cosa meno emozionante che ci si possa immaginare. Tabelle, fogli di calcolo e code book. Eppure, dietro al percorso (lungo, lento, certosino) per rendere quei dati accessibili, c'è una visione di governance culturale aperta, trasparente e generativa che raccoglie informazioni e le mette a disposizione della società. E questo si che è emozionante.
Alessandro Rubini, Fondazione Cariplo: Parte del valore è già stata creata nel processo di condivisione tra promotori. Ricordiamo alcuni passaggi fondamentali e non scontati: i dati raccolti sono funzionali al percorso istruttorio e normalmente non vengono organizzati ed elaborati in database. Farlo denota considerare il dato non come procedura ma come elemento d’informazione. Inoltre, rendere queste banche dati accessibili significa considerare l’informazione non come elemento di controllo e vantaggio competitivo, ma come conoscenza da diffondere.
Infine, condividere il progetto con altri enti significa confrontarsi sulle modalità di trattamento di dati e informazioni ricercando chiavi di lettura e di rappresentazione comuni. Significa anche comprendere che la comunione d’intenti e azione consente di creare più valore per tutti.
Il bando è frutto di questi passaggi e penso che – oltre all’interessante sperimentazione in sé - abbia anche un effetto dimostrativo importante.
Da un punto di vista sistemico crediamo che avere raccolto e organizzato tutti questi dati sulla partecipazione a percorsi di innovazione culturale rappresenti un piccolo tesoro per approfondire la conoscenza del fenomeno e per studiarne possibili evoluzioni.
Che tipo di lavori vi aspettate che vengano candidati al bando? Che tipo di attori applicheranno?
FG: Il Bando è aperto ad un ampio spettro di professionalità, da ricercatori ad artisti. Sarà interessante poter raccogliere punti di vista di sensibilità e esperienze diverse che certamente proporranno visioni poliedriche di questa fotografia nazionale.
BN: In questi anni di sperimentazione ai confini tra mondi della cultura, terzo settore e impresa abbiamo imparato che non bisogna mai mettersi dei paletti troppo stretti. Quando abbiamo iniziato a ragionare su questo percorso avevamo in mente soprattutto paper di taglio accademico e/o divulgativo "alto" che ci aiutassero a capire la portata sistemica dei data set, magari incrociandoli con altri dello stesso tipo (open data socio-demografici, territoriali, etc). Progressivamente ci siamo resi conto che dei contributi interessantissimi potevano venire anche dalle infografiche (interattive o meno) o dai lavori di artisti che lavorano con i dati (sia che si tratti di new media artist che no).
Sicuramente i contributi per i due elaborati scelti dalla giuria (1500 e 500 euro) determineranno un po' la tipologia di quello che arriverà: sicuramente non applicativi ad hoc (ma non sapremmo cosa farci), quanto piuttosto lavori con un taglio più di sperimentazione e ricerca.
AR: Siamo molto curiosi e non ce la sentiamo di fare previsioni. Immaginiamo che la sfida sarà raccolta soprattutto da ricercatori, artisti e designer. Quindi ci aspettiamo tante cose diverse.
Perchè aderire a questa iniziativa? Quale valore aggiunto nella promozione di un simile bando?
FG: Per la Compagnia di San Paolo, il data management rappresenta nel suo Piano Strategico un agente attivatore, ossia un’occasione di valorizzazione e sviluppo della propria attività che, innestato sulle strategie del proprio mandato, permetterà, partendo dallo conoscenza e dalla studio dei dati, di comprendere, misurare, valutare e governare la propria azione. In tale prospettiva, ci è parso coerente aderire a tale iniziativa, non solo per valorizzare il lavoro finora svolto con i nostri bandi nell’innovazione culturale, ma, come già detto, per capitalizzarne le informazioni in una dimensione di strategia futura.
BN: Molto semplicemente, per noi di cheFare Open Data per la Cultura 2017 incorpora tutti i valori fondativi: promozione della cultura dal basso, lavoro per una governante culturale più partecipata e trasparente, sviluppo di chiavi di lettura delle grandi trasformazioni culturali in corso, promozione della ricerca.
AR: Dell’importante valore dimostrativo abbiamo già parlato. Questa iniziativa ha per noi il gusto della sperimentazione e dell’esplorazione. Crediamo che ci siano persone che ci potranno aiutare a leggere fenomeni che a noi sono sfuggiti oppure che ci aiuteranno a correlare e rappresentare informazioni al fine di divulgarle meglio o a sintetizzarle in maniera estetica. Abbiamo fiducia che i partecipanti ci aiuteranno a creare conoscenza e innovazione che è una delle finalità fondamentali della nostra Fondazione.
Perchè l'impresa culturale può avere un valore aggiunto nell'economia del Paese? Perchè è importante parlarne e studiarne il fenomeno anche pulviscolare?
FG: L’evoluzione del panorama economico e culturale, la crisi di alcuni modelli consolidati, le opportunità offerte dalle nuove tecnologie spingono a lavorare oggi sulle condizioni di sviluppo della produzione e dell’impresa culturale. Per questo la Compagnia si pone l’obiettivo di favorire la nascita e la crescita di soggetti e attività che sappiano esplorare dinamiche virtuose tra mondo profit e non profit, favorendo la diffusione di nuovi modelli e meccanismi in una prospettiva di maggiore sostenibilità economica, intercettando le migliori pratiche esistenti e cercandone di nuove. La Compagnia dedica poi una specifica attenzione al tema delle professionalità creative, con la promozione di iniziative, soluzioni e modelli innovativi per favorire e valorizzare le professioni culturali, fornire occasioni di formazione, crescita e scambio professionale, in primis dei giovani, valorizzando i network esistenti e per sviluppare l’impegno per nuovi modelli di imprenditoria e produzione culturale.
BN: Nelle sue mille declinazioni locali, l'iniziativa dal basso è l'anima della vita culturale del paese. Che sia imprenditoriale in senso classico o piuttosto azione strutturata individuale o collettiva sui territori, è cruciale conoscere le dinamiche che muovono questi mondi. Sono la linfa di cui si nutre -spesso senza rendersene conto- la cultura istituzionale, il brodo di coltura della sperimentazione delle nuove pratiche.
AR: La cultura è in grado di rappresentare bisogni e desideri profondi della collettività. Oggi parliamo di innovazione culturale perché sentiamo con forza la necessità di creare nuove connessioni tra linguaggi e metodologie così da creare nuove forme di rappresentazione e condivisione. Questo fenomeno esprime un’idea di cambiamento che può avere un grosso impatto sulla società e sulle istituzioni. La dimensione economica è importante, ma dovremmo cercare di imparare a leggere i contenuti anche prima che si traducano in fatturato, altrimenti capiremo troppo tardi il valore di educazione, cultura e fiducia per la società e per l’economia.
Il vostro è un esempio di collaborazione multi-stakeholder, dove manca l'istituzione pubblica. È una scelta o una casualità? Prevedete un rilancio dell'iniziativa che tenga conto anche di questa partecipazione?
FG: La collaborazione fra attori del sistema è un elemento fondamentale per potenziare e implementare l’operato di ogni singola realtà. Da alcuni anni è intenso e continuo il dialogo e lo scambio con le istituzioni del territorio, locale e nazionale, e la collaborazione e gli scambi con Fondazione Cariplo sono oggi certamente consolidati. E’ stato quindi naturale accogliere questa sfida insieme, concordi che un futuro ampiamento degli interlocutori non potrà che favorire l’azione sistematica in tale settore.
BN: Assolutamente si. Non c'è "dal basso" senza arrivare a parlare con qualche "in alto".
AR: Non direi che è una scelta. Si tratta di una sperimentazione avviata con i soggetti che l’hanno ideata e che in maniera più continuativa hanno investito e raccolto informazioni sull’innovazione culturale, tutto qua. Spero che in futuro altri soggetti partecipino o riprendano iniziative simili.
Quale visibilità verrà data agli esiti del bando?
FG: Lo storytelling del progetto e quindi degli esiti del bando saranno certamente momenti fondamentali per poter raggiungere pienamente l’obiettivo di sensibilizzazione e visibilità che desideriamo perseguire con tale lavoro.
Le forme con le quali si realizzeranno saranno studiate e individuate in base alle risposte e alle suggestioni che giungeranno dalle candidature al bando.
BN: Dipende molto dai numeri della partecipazione. Essendo un esperimento anche per noi, non sappiamo bene cosa aspettarci. Il nostro sogno è quello di costruire un grande archivio open access di lavori di ricercatori, artisti e designer che interpretano i nuovi modi di fare cultura in Italia. Vorremmo pubblicare tutte le idee partecipanti sul sito di cheFare, con l’obiettivo di rendere la governance della cultura più trasparente e fornire strumenti efficaci ai policy makers, agli attivisti culturali e alle imprese. La Giuria sarà composta da personalità di spicco dei diversi settori tematici:Paola Borrione (ricercatrice di economia della cultura del Centro Studi Silvia Santagata, Torino;Matteo Brunati (Community Manager presso SpazioDati e Civic Hacker); Paolo Canino (Osservatorio e Valutazione Fondazione Cariplo); Paolo Ciuccarelli (Professore Associato, Politecnico di Milano – DensityDesign Research Lab); Elisabetta Tola (giornalista scientifica, fondatrice di Formicablu e di datajournalism.it).
AR: Aspettiamo di vedere cosa arriva. Se – come speriamo – gli esiti saranno interessanti - faremo del nostro meglio per raccontarli.
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Ph: Hubble IMAX 3D Premiere, Nasa, licenza CC BY-NC 2.0