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Il porto di Traiano ri-apre. La meraviglia è svelata

  • Pubblicato il: 14/05/2015 - 17:25
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI PER LA CULTURA
Articolo a cura di: 
Manlio Lilli

Un progetto della Fondazione Benetton Studi Ricerche, che lo promuove con la Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area archeologica di Roma del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo in collaborazione  con la Città di Fiumicino e la Rete scolastica «Progetto Tirreno – Eco-Schools», consente la riapertura alla pubblica fruizione del porto di Traiano, a Fiumicino. Il progetto, realizzato grazie  al sostegno di Aeroporti di Roma, un’occasione. Per conoscere il grande porto di Roma imperiale
 
 
«Tra le meraviglie di Roma lasciate in abbandono e praticamente sconosciute ai più ci sono i resti imponenti di quello che fu il più grande impianto portuale dell’antichità: che aveva il suo centro nella città di Portus attorno al porto costruito da Traiano dopo che quello costruito da Claudio si era interrato. Solo coloro che negli anni scorsi si sono sobbarcati a visitare l’indegno zoo-safari (poi eliminato) ne hanno potuto avere una pallida idea. E’ un insieme archeologico-naturale importante come Foro e Palatino, che un paese civile avrebbe da gran tempo acquisito e reso pubblico». A scriverlo Antonio Cederna, nell’aprile 1992. A distanza di ventitré anni l’area archeologica del porto di Traiano ritorna fruibile. Quasi pienamente. Ora fino al 21 giugno, il sabato e la domenica. Non una semplice apertura. Come quella assicurata finora dal Mibact, la mattina, due giorni al mese. Ma un progetto di formazione, ricerca e sperimentazione, denominato «navigare il territorio». Autori la Fondazione Benetton, il Ministero per i Beni culturali, la Soprintendenza speciale per il Colosseo e l’area archeologica di Roma, il Comune e le scuole di Fiumicino. Con il sostegno della Società Aeroporti di Roma.
 
Una nuova fruibilità arricchita da visite guidate e laboratori didattici, storici e naturalistici per i più piccoli. Tutto gratuito. Un’occasione per Tutti. Per scoprire la struttura portuale che, pur non essendosi conservata per tutta la sua ampiezza, permette di confrontarsi con le capacità costruttive dei romani. Di osservare quelle possenti architetture in un habitat naturale di estrema varietà. Certo il contorno al parco è molto meno suggestivo. Con le infrastrutture dell’Aeroporto, la rete dei percorsi stradali e autostradali che perimetrano, quasi affacciandosi all’interno, l’area archeologica. Ma superato il cancello d’ingresso sotto il viadotto di via dell’Aeroporto di Fiumicino al km 25.600 della via Portuense, si ha l’impressione di entrare in un mondo incantato. Subito le mura in opera laterizia, poi i magazzini traianei affacciati sul cosiddetto portico di Claudio, quindi la Darsena di Traiano e i magazzini cosiddetti Severiani e il palazzo imperiale. Non sempre in uno stato di conservazione ottimale. Nonostante i restauri del 1983 e 1990, del 1992 e 2005. Ma è evidente che gli sforzi maggiori per consentire la riapertura del sito abbiano riguardato la pulizia dalla vegetazione, che in alcuni casi aveva obliterato per intero parti antiche. Non di rado mettendone a repentaglio la stabilità. Un lavoro improbo ma tutt’altro che terminato. Come dimostrano, più di altri settori, il tracciato che costeggia la Darsena e lo stesso bacino rettangolare, oltre al palazzo imperiale. Manutenere con regolarità un’area così difficile anche a causa delle zone umide sarebbe già di per sé un’operazione difficoltosa. Intervenire dopo il lungo abbandono, un’autentica impresa. A fornire una guida, per orientarsi tra i resti del porto  e gli alberi di lecci e querce, ma anche di faggi e pini, oltre a prugni e olmi, provvedono i pannelli didattici. Spesso però imprecisi nell’indicare la posizione del visitatore e quindi poco funzionali all’orientamento e alla comprensione. Ma l’importante, almeno per ora, è che sia possibile comunque sapere quale parte del porto ci si trovi davanti. Perché la bellezza ha la necessità di contemplare anche la conoscenza. La comprensione. Risultato che può dirsi raggiunto in questa area archeologica riacquistata alla visita. Certo, è probabile che ciò sia più difficile nella grande scala. Sia più complicato avere una visione d’insieme del porto. Una visione alla quale potrebbe costituire un utile supporto, in mancanza di ricostruzioni in 3D, l’osservazione del plastico del porto conservato nel Museo della via Ostiense. Insomma grazie all’intervento della Fondazione Benetton un importante primo passo è stato fatto per restituire questo spazio dell’antichità alla libera fruizione. Ma molto resta da fare. A partire da una manutenzione orinaria del «verde» passando per il restauro delle parti  del complesso antico più compromesse. Senza contare il suggestivo invaso esagonale costruito da Traiano, una volta che il Porto di Claudio si era mostrato insufficiente alle accresciute esigenze, che continua ad essere proprietà privata, parte dell’Oasi di Porto. Uno spazio dalla grande valenza ambientale, abitato da una cospicua fauna ittica, oltre che da numerosissime specie di uccelli. Immaginare di recuperare nell’immediato quel pezzo di porto è senza dubbio un’operazione ambiziosa. Ma almeno potenzialmente realizzabile. A differenza di quel che riguarda il recupero del settore del porto al di sotto di una delle piste dell’Aeroporto di Fiumicino.
La lunga storia del grande porto di Roma imperiale prosegue. Lasciando presagire una nuova rinascita. Dopo un susseguirsi di episodi e fasi nei quali quei resti straordinari sembravano destinati, ora a divenire trascurabile contorno all’habitat naturale, ora testimonianza da recuperare. Dopo la prima pianta delle strutture, realizzata alla fine del Quattrocento da Giuliano da Sangallo. Ma anche dopo che nella seconda metà del Novecento i Cesarini Sforza, che avevano ereditato l’area dai Torlonia, avevano trasformato il sito in uno zoo-safari.  Insomma i leoni dopo le bombe. Già perché durante la seconda guerra mondiale nel porto aveva preso sede la X flottiglia MAS con lo scopo di fronteggiare lo sbarco degli alleati sul fronte di Anzio e Nettuno. Ma anche dopo che tra Ottocento e il primo Novecento Fea e Nibby, Lugli e Lanciani ne avevano rilanciato gli studi.  Dopo che alla fine degli anni Novanta lo Stato italiano espropria parte dell’area.
Ora non rimane che essere grati a chi, Fondazione Benetton, Mibact, Soprintendenza e enti locali, ha reso possibile questa nuova fruizione. Nella speranza che l’accesso al sito costituisca il primo step di un progetto più articolato. Reso possibile dal reperimento delle risorse necessarie, proseguendo, si auspica, il felice esperimento di una costruttiva sinergia pubblico-privato.    
«Ai benpensanti sempre preoccupati delle finanze pubbliche facciamo osservare che per l’acquisizione dell’intero complesso del Porto di Traiano si dovrà spendere l’equivalente del costo di un paio di chilometri di autostrade, quelle autostrade inutili e devastanti per cui i miliardi li spendiamo a decine di migliaia». Il pensiero di Cederna, datato 1992, appare attualissimo. Allora, come adesso, non si tratta solo di scegliere cosa fare. Ma soprattutto di decidere cosa è davvero utile. Alla collettività.
 
 
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