Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Città creative in trasformazione

  • Pubblicato il: 20/07/2017 - 21:08
Autore/i: 
Rubrica: 
EDITORIALI
Articolo a cura di: 
CS

Con la nostra lente, da mesi, seguiamo le via all’innovazione che Milano sta disegnando. Una via italiana, 4.0 che ha radici in Leonardo, che lega manifattura a cultura, lontana dalla metafora-obiettivo “Milano o Torino come Berlino”, indicata per anni come modello nell’economia della conoscenza.  Lo è stato veramente?
 


 
Il confine è in noi.
Ci attraversa.
Basta spostarsi.
 
 
In questo mondo in ebollizione anche Berlino sta cambiando pelle: “aveva promesso di diventare la patria dei creativi, degli immigrati. Oggi ha la chance per esserlo davvero. L’ex sindaco, Klaus Wowereit, affermava che la città è povera ma sexy. Uno slogan scandaloso, perverso, un’accettazione della precarietà”, inaccettabile, per una città che può cambiare.
Lo dice il belga Chris Dercon*, 58 anni, nell’Olimpo dei grandi intellettuali ai vertici di istituzioni culturali, già a capo di teatri dell’Europa del Nord, di musei a Monaco e  della Tate Modern. Arrivato alla guida del teatro simbolo dell’identità della capitale, la Volksbuhne am Rosa-Luxemburg Plaz, ha sostituito Frank Castorf che lo conduceva dalla caduta del muro.
Il suo arrivo ha  generato  reazioni accese, ma Dercon, navigato, non si scompone. “Arrivo da Londra, che è il male. Da un museo ricco. Il che è molto male (…). I problemi di Berlino sono proiettati su di me. (…).” Ha accettato la sfida complessa  di quel  Teatro “che ha fatto la storia degli ultimi anni del secolo scorso”,  partendo  dalla volontà di comprendere come l’istituzione culturale possa diventare  una realtà biologicamente attiva nello sviluppo di Berlino e contribuire a mantenere le attese sulla sua  spinta propulsiva. Quello di Dercon è un  progetto   che riguarda l’intera città  “non solo sull’asse Est-Ovest ormai completo, ma anche Nord Sud, cosa farà dell’aereoporto di Tegel e di Tempelhof quando sarà abbandonato. Per questo abbiamo preso un hangar, di fianco a quello in cui dormono i rifugiati”.
Spazi fisici e digitali.”Non chiedere a Berlino cosa può fare per te, ma tu cosa puoi fare per Berlino”, afferma parafrasando Kennedy. “Parigi è la città del lusso. Estetica e statica. Londra è un monolite del capitalismo. Barcellona è il plebiscito del turismo. (...) A Berlino, in questo teatro,   abbiamo la possibilità di offrire uno spazio agli artisti per mostrare cosa è l’arte, cosa è il cinema, cosa è il teatro”. 
 
Parigi demolisce l’immaginario presentato da Dercon. Roxane Varza*, americana di origine iraniana cresciuta nella Silicon Valley con le start up, ha scelto di vivere e di lavorare in Francia, dove dirige Station F, 34mila mq, il più grande campus per start up al mondo, ricavato nello scalo merci della Halle Freyssinet di Parigi. Progetto di Xavier Niel sposato da Macron che si è rivolto agli innovatori. Post Brexit, alcune realtà, deluse dalla situazione politica,  lasciano Londra, come gli USA post Trump. Parigi  sta diventando di moda, “staccandosi dallo stereotipo della città museo in un paese in crisi industriale, con lusso e turismo come unici settori produttivi”. La chiamata è internazionale per rilanciare ricerca e alta tecnologia, con nuova produzione di conoscenza.
 
Il modello francese che propone un equilibrio attrattivo tra qualità della vita e lavoro,  guarda alla nuova manifattura, improntata a un umanesimo digitale che considera l’innovazione tecnologica abilitante e non fagocitante e  ai giovani alla generazione Z.  Non solo zombie sociali incollati a device,  Need- che non studiano né lavorano, ma persone che hanno a disposizione  una gamma “di opzioni di contenuti culturali, sovente gratuiti, senza precedenti nella storiza dell’umanità, (…) potenzialmente aggreganti, che consentono modalità collettive, esperienziali e live in cui le tecnologie sono al servizio della narrazione, se correttamente disegnate, progettate”, come considera il prof. Guido Guerzoni che ha elaborato uno studio commissionato da Abi-Associazione bancaria italiana, promotore del Festival diffuso della Cultura Creativa. 
La digitalizzazone e l’iperconnessione rendono ubiquamente disponibili milioni di titoli letterari, musicali, cinematografici, televisivi, opere d’arte.  Al di là del rischio dell’overload digitale,   molti nuovi format  sono ideati per far crescere le capacità ideative e creative dei pubblici più giovani. Continua a crescere l’offerta di contenuti age specific e la game industry. Come ci racconta F. Viola,  considerato uno dei 100 più influenti personaggi del settore,  in questo numero a quattro mani con il prof. L. Solima, autore del primo game museale italiano “Father & Son”, creato su committenza del MANN-Museo archeologico nazionale di Napoli. Oltre 500mila download in 80 giorni. Un approccio audience centric (v. progetto Open di CSP). Occorre e abbiamo la possibilità di farlo,  ripensare radicalmente i contenuti culturali e i relativi strumenti di disseminazione con formati inediti, che creano lavori inediti, nuova economica, nuova socialità.  
 
In questo numero
Nelle nostre esplorazioni  intercettiamo la crescita delle energie di trasformazione, in ogni campo, che si muovono dai territori da Nord a Sud (con focus sulle Isole),  ampie  quasi quanto le contraddizioni. Il rapporto annuale di Fondazione  Symbola, commentato dal Direttore Generale D. Sturabotti,   conferma il peso delle industrie culturali e creative nel 6% del PIL e degli occupati, peso che più nessuno mette in discussione,  ma il focus dell’annuale  appuntamento dell’ente a Treia, restituito da P. Castelnovi, si è concentrato sulle fragilità  e i ritardi nella risposta del paese “post sisma” e in una chiamata di teste pensanti per proposte concrete sulla ricostruzione: “dov’era e come sarà”, anche con il modello delineato per lo sviluppo della “ Strategia nazionale delle aree interne”.
Trasformazioni culturali e attraverso la cultura che inizia a porsi domande sull’impatto sociale che genera e può generare, elemento che inizia a trovare risposte in investimenti pay for results (“Social impact investiment” di M.E. Santagati).  
Cultura che si fa impresa. Abbiamo accolto l’autorevole dibattito  sulle imprese culturali acceso dai contributi alla prima Conferenza in tema organizzata a L’Aquila da Federculture: un lavoro di rete con Agis, Alleanza Coop. Italiane, Forum Nazionale del Terzo Settore. Le posizioni sono ancora diverse sotto il profilo definitorio e di perimetro e delle soluzioni ai nodi di sviluppo e di sostegno, anche alla luce della riforma del Terzo Settore, ma la volontà di convergere su un grande asset è palese. Occorre uno speciale regime legislativo?
E ancora, con molto altro,   con studi e ricerche, l’impresa che si fa cultura,  nella  visione etica delle B Company, nel ripensamento dei modelli produttivi e di consumo, pista nella quale ci introduce il giovane Matteo Ward.  L’impegno massiccio sperimentale delle Fondazioni nella scuola –tra le quali Agnelli, Golinelli, Cologni, Feltrinelli, Exclusiva, Cometa, Fashion Research- e nel nuovo Welfare-Accenture, Bracco, ancora Golinelli che sta per varare un ampliamento della sua immaginifica sede bolognese 
Buona lettura. Ad agosto non interromperemo il flusso.. Vi auguriamo riposo rigenerante, tanto lavoro ci attende per cambiare il mondo, partendo da noi,  con un pensiero di Amélie Nothombe “Esistono vacanze più profonde che prendere congedo dal proprio sé?”  
 
 
Ringraziamo tutti coloro che hanno contribuito a questo questo numero:
Patrizia Asproni, Vittoria Azzarita, Giovanna Barni,  Roberta Bolelli, Franco Broccardi, Marco Cammelli, Paolo Castelnovi, Annalisi Cicerchia, Luca Fois,  Emanuela Gasca, Elena Lombardo, Dino Lupelli, Michela Magliacani, Francesco Mannino, Luca Martinelli, Valentina Montalto, Gianmarco Murru, Paolo Naldini,  Open, Francesca Panzarin, Giangavino Pazzolla, Oriana Persico, Annachiara Santoro,  Vincenzo Santoro, Maria Elena Santagati, Catterina Seia, Francesca Sereno,  Ludovico Solima, Antonio Taormina, Filippo Tantillo, Luca Pietro Ungaro, Fabio Viola.
 
Grazie ai nostri inspiring partner. Grazie ai nostri partner di ricerca: Fondazione CRC, Fondazione Exclusiva, Classis Capital che hanno adottato le rubriche.
  
Ora un messaggio anomalo, come lo è la nostra testata. Diceva Borges che siamo ciò che leggiamo. Un appello, ai lettori e alla filantropia istituzionale,  a favore di un’altra impresa editoriale: Vita, il magazine che da 23 anni ci accompagna sulle frontiere dell’innovazione sociale, sta “attraversando un frangente molto difficile” come afferma il suo direttore Riccardo Bonacina che, con il suo staff, non ha fatto pesare le difficoltà nella qualità dell’informazione e ha preparato un piano di rilancio, partendo da una rigorosa e trasparente analisi sulla gestione.
Il giornale è un luogo in cui con la conoscenza e il confronto conquistiamo libertà. La chiusura di una istituzione culturale è un lutto. Siamo entrati in un nuovo corso. L’agognata riforma del Terzo Settore apre scenari che offrono e impongono un ripensamento delle governance, dei modelli gestionali e delle competenze. Proprio oggi, non possiamo fare a meno delle voci di Vita. Aiutiamo con la nostra lettura e diffondiamo,  l’impresa editoriale libera, indipendente e partecipata.
 
 
* Conversazioni da La Lettura