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BOOM DEI MUSEI IN CINA E CRISI DI SIGNIFICATO

  • Pubblicato il: 14/04/2017 - 23:28
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI E ARTE CONTEMPORANEA
Articolo a cura di: 
Alessia Zorloni

Nel corso degli ultimi decenni abbiamo assistito a un cambiamento radicale nel modo di fare cultura, soprattutto nel contemporaneo. Tra i fattori, l’ingresso di un gran numero di collezionisti privati che sono emersi come attori nuovi sulla scena museale, ponendosi come promotori e realizzatori di musei. L’Asia preme: il trend di crescita ha caratterizzato soprattutto il mercato dell’arte in Cina che ha visto la nascita dal 2000 al 2011 di più di 1.300 musei. Emerge da questo quadro una forte contraddizione fra il boom della costruzione dei musei e la crisi del loro significato.
 


Nel corso degli ultimi decenni abbiamo assistito ad un cambiamento radicale nel modo di fare cultura, soprattutto nel contemporaneo,  dovuto all’ingresso di un gran numero di collezionisti privati che sono emersi come attori nuovi sulla scena museale, ponendosi come promotori e realizzatori di musei.  Il settore museale privato, avido di opere importanti, è diventato una realtà economica significativa anche in Asia, che secondo il rapporto realizzato da Larry’s List e Art Market Monitor, ospita circa il 33% dei musei privati.
La Corea del Sud, che domina la classifica con 45 musei privati, sta vivendo una fortissima espansione a seguito di alcune misure facilitanti adottate dallo Stato. I primi musei privati furono fondati poco meno di 30 anni fa, come risposta al programma voluto dal Governo e dal suo Ministero della Cultura, che puntava ad avere nel corso di dieci anni, un centinaio di musei, il 30% dei quali privati.  Se gli anni Novanta, sono stati determinanti per la nascita di molti musei privati, come l’Artsonje Center, fondato dal Gruppo Daewoo, la Rodin Gallery, fondata dalla Samsung Foundation of Culture e il Savina Museum of Contemporary Art, voluto dalla collezionista Savina Lee, è solo a partire dal Duemila che il settore museale privato vede il suo pieno sviluppo, quando il Governo  inizia ad investire parte dei fondi della lotteria per supportare la costituzione di musei, introducendo degli incentivi fiscali.  Un’ulteriore spinta al settore arriva nel 2005, con la nascita della Korean Art Museum Association, organizzazione no-profit, presieduta da Savina Lee e creata allo scopo di contribuire allo sviluppo dell’arte e della cultura coreana. L’associazione si occupa della promozione dei musei di fondazione privata attraverso l’organizzazione di attività, eventi e programmi. Tra i campi d’intervento, l’associazione sostiene i professionisti del settore culturale in collaborazione con il Ministro della Cultura, attraverso percorsi di formazione e la pubblicazione di manuali sul management dei musei e sugli aspetti contabili e fiscali della gestione culturale.
Tutti questi cambiamenti hanno prodotto una sostanziale crescita dei musei privati, che oggi sono circa il 75% dei musei presenti in Corea. Tra le realtà più interessanti sorte negli ultimi anni troviamo il Daelim Contemporary Art Museum di Seoul, che oggi si posiziona come primo museo in Corea per numero di opere fotografiche, e il Leeum Samsung Museum of Art, nato nel 2004 dalla passione per il collezionismo di Hoam Lee Byung-chul, fondatore di Samsung, ed ereditata da Lee Kun-hee, ex presidente della multinazionale coreana. Realizzato da tre architetti di fama mondiale, lo svizzero Mario Botta, il francese Jean Nouvel e l’olandese Rem Koolhaas, il Leeum Samsung Museum of Art è composto da tre strutture, (una dedicata all’arte tradizionale, una all’arte contemporanea e una all’education) che si fondono con la natura circostante e combinano passato, presente e futuro contribuendo ad accreditare Seoul come centro internazionale di arte e cultura.
E’ indubbio che anche la Cina, in questi ultimi anni, abbia assunto nel panorama mondiale un  grande peso: non solo divenendo in poco tempo una potenza economica centrale con un ruolo chiave nella promozione delle industrie culturali, ma anche nella realizzazione di un numero elevato di musei e poli culturali lungo tutto il suo territorio ad una velocità sorprendente. Secondo uno studio curato da Guido Guerzoni e pubblicato nel 2014 da Fondazione di Venezia e Umberto Allemandi, sarebbero infatti più di 1.300 i musei costruiti in Cina dal 2000 al 2011 e altri 4.700 sarebbero attesi entro il 2020.
In questo processo di sviluppo culturale i collezionisti privati hanno avuto una ruolo determinate favorendo la nascita di nuovi progetti, aperti da grandi mecenati come Richard Chang, appassionato collezionista sia di arte asiatica che di arte occidentale e fondatore della Domus Collection, o Adrian Cheng, collezionista di Hong Kong a capo della K11 Art Foundation. Tra i collezionisti più importanti troviamo Liu Yiqian e Wang Wei, da sempre famosi per il loro interesse per l’arte antica cinese, che nel 2012 hanno deciso di aprire uno spazio espositivo dove poter mostrare la loro collezione, il Long Art Museum di Pudong, a Shanghai. Dal 2008, inoltre, hanno iniziato a costruire una collezione di arte contemporanea da esporre nel loro secondo museo a Shanghai, nel quartiere di West Bund e nella terza sede, inaugurata nel 2016 a Chongqing.  Un’altra interessante iniziativa è quella portata avanti dal ricco imprenditore indonesiano Budi Tek, il quale nel 2014 ha aperto, sempre a Shanghai, lo Yuz Museum, in quello che una volta era un hangar della Longhua Airport. La sua collezione comprende principalmente opere pittoriche di artisti cinesi contemporanei, ma anche pezzi di arte occidentale di Maurizio Cattelan e Fred Sandback.
Questi musei fanno parte del progetto di rigenerazione del cosiddetto West Bund Cultural Corridor, (più $ 3 miliardi di investimento) area portuale un tempo industriale e oggi sede di un’importante biennale di architettura, di una fiera dedicata all’arte e al design e di festival legati alla musica. Il progetto, lanciato nel 2008 dal governatore locale Sun Jiwei e portato avanti dalla società West Bund Development Group, che costruisce e gestisce gli edifici del quartiere West Bund, vedrà l’ingresso nei prossimi quattro anni di nuovi musei progettati da archistar internazionali: il Tank Shanghai, promosso dal collezionista Qiao Zhibing, lo Star Museum,  affidato a Jean Nouvel, dove avrà sede la collezione di He Juxing e il West Bund Art Museum, che dovrebbe ospitare la branch cinese del famoso Centro Pompidou. Il museo, progettato da David Chipperfield, accoglierà una parte della collezione dell’istituzione francese, in cambio di una fee annuale di 1,6 milioni di dollari al quale si somma un budget stimato di 7,2 milioni per la gestione operativa del nuovo museo.
Tra i principali promotori dei nuovi musei vi sono, da una parte i collezionisti facoltosi, desiderosi di preservare il loro patrimonio artistico, e dall’altra il Governo, che attraverso gli investimenti culturali è in grado di esercitare una più ampia influenza internazionale attraverso il cosiddetto soft power. La costruzione di questi nuovi musei è anche strettamente legata ai progetti di sviluppo immobiliare di molte società di real estate, che si assicurano la proprietà o una partecipazione nei nuovi musei per aumentare il valore di mercato delle aree edificabili limitrofe.
Il Today Art Museum di Pechino, l’Himalayas Museum di Shanghai e il Times Museum di Guangzhou sono esempi di musei nati da tre grandi marchi del settore immobiliare, rispettivamente Anteo Corporation, Gruppo Zendai e Times Property. La stessa strategia è riscontrabile nel Rockbund Art Museum (RAM), un progetto di ristrutturazione realizzato attraverso la costituzione di una joint venture tra Rockefeller Group e Sinolink Worldwide Holdings. Questi musei occupano grandi spazi in cui confluiscono alberghi, uffici, ristoranti, residenziale e si trovano a svolgere attività ibride, in cui è sempre più difficile distinguere il lato commerciale da quello culturale.
Altra caratteristica evidenziata da Ornella De Nigris, dell’Università Sapienza di Roma, nel suo studio sullo sviluppo dei musei in Cina, è la mancanza di una mission ben definita: spesso più che rappresentare luoghi di preservazione e diffusione della cultura, diventano uno status symbol per il collezionista o per il marchio dell’azienda che li fonda e un catalizzatore economico e culturale per i Governi locali. Emergerebbe da questo quadro una forte contraddizione fra il boom della costruzione dei musei e la crisi del loro significato.

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Ph: Long Museum Shanghai, Courtesy Long Museum